MACERATA - Più che gli ospedali, è la medicina del territorio a pagare lo scotto più alto di questa ondata della pandemia. E proprio da un medico di base si alza un grido di disperazione: Tommaso Claudio Corvatta, coordinatore Usca, (ex sindaco e attuale consigliere comunale a Civitanova), dice chiaramente che in questa fase i medici di medicina generale non riescono a curare i pazienti. Ed usa addirittura termini che possono sembrare eccessivi, come “apocalisse” e “tsunami”. Ma lo fa per cercare di invitare le persone ad evitare contatti, oltre che situazioni e luoghi che possono facilitarli.
La situazione Negli ospedali, pur tra riconversioni di reparti, carichi di lavoro e turni molto pesanti, la situazione è sicuramente migliore rispetto ai picchi della pandemia, ma anche allo scorso mese di gennaio.
Dunque sottolineato anche un aspetto che raramente è venuto fuori in questa fase della pandemia, e cioè le altre malattie infettive. Non solo l’influenza stagionale ma anche le classiche malattie dell’età pediatrica, virus e batteri che circolano oltre a Sars cov2. Il coordinatore di una delle Usca della provincia, poi, ritorna su un aspetto che invece è predominante nel dibattito di questi giorno: il tracciamento saltato e le difficoltà di fare tamponi di controllo rispetto ai sintomi o per uscire dalle quarantene.
«Tutti i medici del territorio sono costretti a sobbarcarsi anche buona parte del lavoro del servizio di prevenzione che ha alzato bandiera bianca e non è più in grado non solo di seguire il tracciamento dei casi – continua Corvatta – ma nemmeno di procurare i tamponi di controllo alle persone infettate e quindi ci dobbiamo pensare noi, medici del territorio con un aggravio di tempo che è circa pari al tempo che serve per visitare una persona. Di fatto non possiamo più contare nemmeno sull’aiuto dell’Usca: questo servizio, appositamente creato per soccorrere a domicilio i casi di Covid di gravità intermedia, attualmente nel nostro territorio è ad orario più che dimezzato rispetto ai momenti peggiori dello scorso anno, ed il tempo di attesa per una visita richiesta dal medico di famiglia o dal pediatra è di diversi giorni, tempo che spesso rende inutile la visita e può mettere in pericolo i pazienti».
«Nell’ultima settimana - conclude Corvatta - io stesso che sono uno dei coordinatori di questo servizio, ho rinunciato ad utilizzarlo, avendo valutato che in queste condizioni l’utilizzo dell’Usca per tale ritardo diventi inutile se non pericoloso. Cercate di evitare i contatti perché in questo momento abbiamo difficoltà a curarvi».