Rosina uccisa in casa, parla il nipote: «A mia nonna non mancava niente»

Enea Simonetti, il nipote della donna uccisa in casa
Enea Simonetti, il nipote della donna uccisa in casa
di Alessandra Bastarè
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Lunedì 28 Dicembre 2020, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 09:02

MACERATA - «Che ne so, chiedetelo a chi glielo mette sulla testa». Sono queste le parole che Enea Simonetti, il 20enne di Montecassiano indagato insieme alla madre Arianna Orazi e al nonno Enrico Orazi per omicidio volontario, favoreggiamento e simulazione di reato per la morte della 78enne Rosina Carsetti, ha pronunciato ieri incalzato dai giornalisti sul perché la nonna si fosse rivolta al centro antiviolenza di Macerata. Poche parole, dette uscendo dalla sua abitazione, dove si era recato per qualche minuto, il tempo di dare da mangiare ai cani. In quella stessa villetta di via Sandro Pertini 31 a Montecassiano la notte della vigilia di Natale è stato trovato il corpo senza vita dell’anziana.

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I familiari della donna quella sera, intorno alle 19.30, avevano chiamato i carabinieri sostenendo che all’interno dell’abitazione – nella quale da un anno vivevano tutti e quattro insieme - c’era stata una rapina e che la Carsetti sarebbe morta a causa di un malore.

Una tesi che però non combacia con le prime indiscrezioni emerse dall’esame autoptico eseguito sabato sul corpo della donna: l’anziana infatti sarebbe morta per soffocamento e sul corpo non sarebbero stati trovati segni di violenza. Come si diceva, ieri il nipote della vittima, accompagnato dai carabinieri e insieme alla madre Arianna e al nonno Enrico, è tornato nella villetta sotto sequestro per dare da mangiare ai cani che, la sera dell’accaduto, nessuno dei vicini ha sentito abbaiare.

Felpa grigia, pantaloni neri, scarpe da tennis e mascherina sul volto, avvicinato dai giornalisti e dalle troupe televisive – è stato infatti l’unico a scendere dall’auto - ha detto pochissime parole. Accelerando il passo per raggiungere la macchina si è detto dispiaciuto di quanto accaduto alla nonna e incalzato dalle domande in merito al fatto di essere indagato con madre e nonno ha riferito: «Che vogliamo fare? La giustizia italiana è questa». Sul fatto che la 78enne si fosse rivolta a un centro antiviolenza di Macerata ha detto che non sapeva niente e che alla nonna «non mancava niente».

Sul perché la vittima si fosse rivolta al centro ha risposto: «Chiedetelo a chi glielo ha messo sulla testa». Intanto ieri davanti alla villetta un’amica della vittima ha deposto un mazzo di fiori in ricordo di Rosy. «Si lamentava perché non aveva più niente; viveva in cucina e nel soggiorno e dormiva sul divano» ha riferito la donna, visibilmente commossa nel ricordare la vittima. I familiari della donna, che hanno incontrato i rispettivi legali per circa un quarto d’ora sabato e che ora alloggiano in un hotel della zona, ribadiscono la loro versione dei fatti. Enrico, Arianna ed Enea si sono detti, come hanno lasciato trapelare gli avvocati, dispiaciuti e provati per quanto avvenuto. 
 

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