I mille dolci di Carnevale: «Le castagnole? Dalla cura con cui le si rotola dipende la loro bontà»

I mille dolci di Carnevale: «Le castagnole? Dalla cura con cui le si rotola dipende la loro bontà»
I mille dolci di Carnevale: «Le castagnole? Dalla cura con cui le si rotola dipende la loro bontà»
di Véronique Angeletti
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Sabato 3 Febbraio 2024, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 11:41

Paesi che vai, dolci di Carnevale che trovi con una marcia in più nelle Marche. La storia parla da sola: abbiamo il Carnevale di Fano, il più antico d’Italia, risale al 1347, ed è l’unico con il “Getto”, il lancio dei dolciumi. La conferma che in queste terre, da sempre, dolci sono protagonisti dei giorni più allegri dell’anno. Dolci di preparazione veloce.

L’eredità

All’origine si preparavano e si friggevano per strada.

Un'eredità delle “frictilia”, frittelle a base di uova e farina di farro fritte e tuffate nel miele che gli antichi romani preparavano in onore di Saturno. Il loro nome varia a seconda del campanile e delle loro forme. La pasta a sottili strisce spolverate con zucchero a velo si chiama chiacchiere, cenci, bugie, galani. Le palline di pasta dolce, castagnole, frappe, stummeri nell’Ascolano, cecetti ad Osimo od ancora scroccafusi nel Maceratese. Evoca il suono e la consistenza del croccante e su di loro aleggia la superstizione che non “riescono” se un estraneo si presenta mentre le si prepara. A Pieve Torina, Cristina Pascoli con il fratello Daniele e una trentina di dipendenti tengono alta la tradizione. Nonostante il terremoto sono rimasti in paese. Lavorano in un nuovo stabilimento ma ieri erano nel cuore del borgo nella sede del Panificio Fronzi fondato 60 anni fa da una coppia romana a cui non hanno cambiato l’insegna. Questa settimana, oltre alla miriade di leccornie hanno aggiunto i dolci tipici del Carnevale nell’alto Maceratese. Ricette gelosamente custodite di frappe rosse, all’arancio, al cioccolato nero e bianco, di zeppoline fritte farcite con vari tipi di crema, di pesche, di bignè, di cicerchiata a cui aggiungono i datteri. Una pasta farcita con della scorza di limone o d’arancio e dello zucchero, tagliata, riavvolta e cotta al forno. Nel sentinate, la Castagnola è sì fritta ma prima sbollentata. La ricetta secolare codificata da una ricerca storica delle scuole medie tanto tempo fa prevede 10 uova sbattuti con 10 cucchiaini di zucchero a cui si aggiunge la buccia di un limone edibile grattugiato, un pizzico di sale, 2 cucchiai di olio o di strutto, 5 gusci di uova pieni di mistrà impastati con 1 kg di farina. Si ricava delle strisce di pasta spesse 1 cm e lunghe 5 che prima sono lessate in acqua bollente leggermente salata aiutandosi con un forchettone in legno - l’acciaio si dice blocca la crescita – e poi una volta asciugate si frigge. Per Massimo Torresi della Pasticceria Vinoteca Mimosa mai fidarsi delle apparenze. Sembra semplice ma richiede molte cure. «Lo sbaglio - confida - è gettare nell’olio, nello strutto la castagnola come se fosse una frittura qualsiasi mentre richiede un’attenzione costante per mantenere il giusto punto di cottura e tanta pazienza poiché è dalla cura con cui le si rotola che dipende la loro bontà e fragranza».

Il rito

Ad Ascoli invece c’è il rito delle “Sette Colazioni”. Un antesignano del brunch. Risale all’usanza delle famiglie ascolane di accumulare pietanze per mangiare a più non posso il Giovedì Grasso, prima della Quaresima. Prevede: “Ravioule ‘ncaciate con ripieno di gallina e suino serviti con pecorino stagionato, parmigiano e cannella; la Saggicce c’l’ova; la pizza c’ li sfigule; l’oliva all’ascolana; ravioli dolci ripieni di castagna e cacao o di ricotta e arancio od ancora con la crema, frappe e castagnole.

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