Donato Iacobucci, docente di Economia a Univpm

Istruzione, livello di allarme
Serve una svolta immediata

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 20 Dicembre 2023, 07:00

In Italia si discute molto di pensioni e sanità, meno di istruzione. Ciò è comprensibile dato il progressivo invecchiamento della popolazione. Ma è ingiustificato se si considera che il grado di istruzione della popolazione è uno dei principali fattori determinanti la crescita del Pil; con il quale si pagano pensioni e sanità. La situazione dell’istruzione, ed in particolare dell’istruzione superiore e dell’università è da tempo a livelli di allarme. L’Italia è fra i paesi europei con le più alte percentuali di studenti che non terminano il ciclo dell’istruzione superiore e con le più basse percentuali di studenti che proseguono dopo il diploma e arrivano alla laurea. Siamo penultimi nella UE (superiamo solo la Romania) per la percentuale di giovani laureati. I laureati nella popolazione adulta sono il 20% mentre superano il 50% negli Usa, in Giappone o in Corea del Sud. La Corea del Sud è considerata il paese di riferimento per l’investimento in istruzione. Non è un caso che negli ultimi vent’anni il Pil pro-capite della Corea del Sud è raddoppiato mentre quello italiano è calato del 3%; mettendo a rischio la possibilità di continuare a finanziare gli attuali livelli di pensioni e sanità. Malgrado questa situazione continuiamo ad essere fra i paesi avanzati che spendono meno in istruzione. Né il tema è fra le priorità dell’agenda politica e del dibattito pubblico. Nelle scorse settimane l’Ocse ha pubblicato i risultati dell’ultima indagine Pisa (Programme for International Student Assessment), un’indagine finalizzata a valutare la preparazione degli studenti delle scuole superiori in alcune materie di base, fra le quali la matematica, la lettura e le scienze. Nella stampa e nei media vi sono stati diversi interventi di commento ai risultati PISA ma non quanto avrebbe meritato l’importanza della materia. I risultati dell’indagine, effettuata nel 2022, erano particolarmente attesi poiché il confronto con la precedente indagine del 2018 consente di valutare gli effetti sui livelli di apprendimento dovuti alla pandemia. L’indagine ha coinvolto quasi 700mila studenti fra i 15 e i 16 anni rappresentativi della popolazione studentesca di 81 paesi.

I risultati hanno evidenziato una significativa caduta dei livelli di apprendimento fra il 2018 e il 2022. In media la performance nella matematica si è ridotta di 15 punti corrispondenti a circa tre quarti di anno di studio. Il calo dei livelli di apprendimento è stato generalizzato ma l’entità è stata molto diversa e alcuni paesi hanno mostrato un considerevole tenuta; fra questi il Giappone e la Corea del Sud, che sono anche i paesi con le più alte performance in assoluto. I paesi che sono riusciti a contenere l’impatto della pandemia lo hanno fatto mettendo in atto diverse strategie: limitando al massimo i periodi di chiusura, favorendo i metodi di apprendimento in remoto e incentivando le relazioni fra scuola e famiglia. Nel caso degli studenti italiani la performance nella matematica è inferiore alla media ed è calata in modo significativo a seguito della pandemia. Ciò è dovuto alla bassa percentuale di studenti che ottengono punteggi elevati: in Italia sono il 7% degli studenti mentre in molti paesi dell’est-Asia questa percentuale supera il 20%. A spiegare la minore performance degli studenti italiani sembra contribuire anche il clima non favorevole all’apprendimento che si registra nelle scuole. L’Italia ha un’elevata percentuale di studenti che dichiara di non seguire con attenzione le lezioni dei docenti, o di distrarsi per l’uso di cellulari e altri apparecchi digitali. Con riferimento all’impatto della pandemia, l’Italia è stata fra i paesi con i maggiori periodi di chiusura delle scuole e quasi un terzo degli studenti ha dichiarato di aver avuto problemi con lo studio in remoto. Il governo ha da poco annunciato un concorso per l’immissione in ruolo di 30.000 insegnanti. Non si tratta di un potenziamento del corpo docente ma della messa in regola della notevole quantità di precari che caratterizza il nostro sistema scolastico. L’istruzione è un ambito nel quale occorrerebbe una vera svolta, di consapevolezza da parte dei cittadini e di maggiore impegno da parte del governo.

*Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore della Fondazione Merloni

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