Ormai sappiamo che le emissioni di gas serra sono per l’87% provocate dall’uso dei combustibili fossili (gas, petrolio, carbone) che, bruciando, producono principalmente CO2. Secondo il Global Carbon Atlas, nel 2021, il 31% delle emissioni globali di anidride carbonica è stato prodotto dalla Cina, seguita dagli USA con il 13,5%, l’India con il 7.3% e la Russia con il 4.7%. L’Italia è al diciottesimo posto con lo 0.9% (al pari della Gran Bretagna) e con un valore pari alla metà della Germania. I cambiamenti climatici e le conseguenti ondate di calore, così come le alluvioni e i relativi dissesti idrogeologici, sono dovuti alle attività umane: su questo la comunità scientifica non ha dubbi. Non serve negarlo, non serve ignorare il problema. Non si tratta di un’opinione all’interno di un dibattito politico, ma di dati incontrovertibili che stanno avendo effetti negativi in termini di vite umane, benessere e di economia. Un dato simbolico, a cui ne possiamo aggiungere centinaia di altri: solamente nel 2022, il caldo estivo ha causato oltre 60.000 morti in Europa, di cui più di 18.000 in Italia (fonte Nature Medicine). Agire è quindi una priorità urgente. Il problema è che, mentre l’adattamento a questi cambiamenti può essere fatto a livello locale e nazionale, il contrasto alle emissioni richiede la cooperazione di tutti i paesi del Pianeta. Per questo sono nate le COP, acronimo di Conference of Parties, ovvero le riunioni annuali dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC). La Convenzione è un trattato ambientale internazionale firmato durante la Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite, conosciuta come “Summit della Terra”, tenutasi per la prima volta a Rio de Janeiro nel 1992. Il trattato puntava alla riduzione delle emissioni dei gas serra responsabili del riscaldamento globale, ponendovi dei limiti: per raggiungere gli obiettivi preposti, sono stati stipulati degli accordi come il Protocollo di Kioto del 1997 (COP3). Più recentemente, nel 2015 (COP21), è stato stipulato l’Accordo di Parigi. L’obiettivo chiave del trattato è quello di mantenere «l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali».
* Professore ordinario all’Università Politecnica delle Marche titolare dei corsi di Biologia Marina, Ecologia ed Etica ambientale