In questi giorni sta divampando il dibattito sull’intelligenza artificiale (IA). Molti esperti sono a favore, altri sono dubbiosi o contrari. Io credo sia ancora difficile capire quali sono le implicazioni di un uso robusto di questo strumento, ma da ricercatore sono sempre stato convinto che le innovazioni tecnologiche servano alla scienza e possano contribuire allo studio e alla conoscenza dei fenomeni che ci circondano e quindi al miglioramento della qualità delle nostre vite. Dopotutto la ricerca ha una funzione democratica, è universale, viene condivisa e partecipata e, almeno in teoria, dovrebbe sempre essere fatta per contribuire al benessere di tutti. Detto questo però ho fortissime perplessità sul fatto che l’intelligenza artificiale possa dare un contributo positivo al miglioramento del nostro benessere, alla diffusione della conoscenza e alla diminuzione delle diseguaglianze. Farò alcuni esempi per chiarire quali sono, allo stato attuale, i miei principali dubbi. Il primo esempio riguarda l’uso di ChatGPT, la nota piattaforma per l’intelligenza artificiale già accessibile a tutti. ChatGPT viene utilizzata spesso dai nostri figli e dai nostri studenti per fare compiti e avvantaggiarsi durante test e compiti in classe. L’uso dell’intelligenza artificiale viene fatto, sostanzialmente, per evitare di studiare, sostituisce la preparazione autonoma dello studente, necessaria alla sua crescita intellettuale. L’IA è in grado di produrre in pochi secondi un tema “cotto e mangiato”, ad esempio sulla poesia “L’Infinito” di Leopardi senza che lo studente l’abbia neanche mai letta. Non ci sono dubbi sul fatto che questo tipo di utilizzo sia negativo per i nostri figli e studenti, anche perché “questa scorciatoia” potrebbe portare ad una valutazione errata della loro preparazione con conseguenze negative sul processo formativo. La cosa mi preoccupa poiché l’utilizzo di ChatGPT è difficile da contrastare nelle scuole. Spesso, infatti, gli insegnanti sono meno esperti degli studenti sull’utilizzo di queste nuove tecnologie. Il secondo esempio riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale per la scrittura di articoli scientifici (o di altra natura). Io, da editore responsabile di riviste scientifiche internazionali, ho cominciato a ricevere un numero crescente di articoli che usavano dati rielaborati e che avevano tutte le caratteristiche per essere stati prodotti dall’intelligenza artificiale. Ho fatto delle verifiche insieme alla casa editrice e ho scoperto che, ad oggi, non esistono strumenti efficaci per verificare se è stata utilizzata l’intelligenza artificiale in una pubblicazione.
* Professore ordinario all’Università Politecnica delle Marche titolare dei corsi di Biologia Marina, Ecologia ed Etica ambientale