Le Marche al rallentatore per l’intelligenza artificiale

Le Marche al rallentatore
per l’intelligenza artificiale

di Marco Cucculelli
4 Minuti di Lettura
Lunedì 30 Ottobre 2023, 08:55

Come tutte le tecnologie di uso generale (dal motore a vapore, all’elettricità, all’informatica etc), anche le tecnologie digitali della più recente generazione entrano nelle relazioni sociali e produttive in maniera lenta, ma massiva e pervasiva. Questo accade anche per l’intelligenza artificiale (IA) che, apparsa nell’immaginario collettivo attraverso la finzione cinematografica di James Bond e dei laboratori della Spectre, è oggi una componente importante delle attività di sviluppo tecnologico di imprese e centri di ricerca. Utilizzando una strumentazione in rapida evoluzione composta da algoritmi e modelli statistici – in particolare, apprendimento automatico, big data sempre più disponibili e costi decrescenti della capacità di calcolo - l’intelligenza artificiale ha fatto rapidi progressi nella capacità di fornire risposte anche a problemi in cui i codici ordinari sono impossibili da applicare, ossia in quegli ambiti dove gli esseri umani hanno un vantaggio comparato nei processi decisionali grazie alla loro formazione o a esperienze passate (la finanza, la medicina, le attività giuridiche o altre attività scientifico-professionali). Tutto ciò genera un crescente timore legato all’effetto di spiazzamento del lavoro, che rischia di nascondere le reali e grandi potenzialità di queste tecnologie. In fondo, i benefici dell’uso dell’elettricità sono oggi molto ben visibili, con buona pace dei supporter della trazione animale o a vapore che in passato si sono opposti alla rivoluzione dei loro sistemi di riferimento. A partire dai dati relativi alle competenze AI presenti in un noto social che raccoglie diversi milioni di profili professionali, uno studio ancora in corso presso l’Università Politecnica delle Marche ha cercato di valutare la dotazione di skill di intelligenza artificiale nelle imprese italiane. Il raccordo con i profili economico-finanziari aziendali ha poi consentito di legare questa dotazione a fattori strutturali del sistema delle imprese. Alcune prime considerazioni possono essere condivise. Innanzi tutto, la presenza di competenze IA è più diffusa nelle attività di servizi, specie a base tecnologico- informatica, e meno nelle attività manifatturiere e, ancora meno, nelle attività commerciali (nazionali). All’interno della manifattura, poi, alcuni settori mostrano una capacità di assorbimento molto debole, non solo per la natura specifica delle produzioni, ma soprattutto per fattori legati al profilo manageriale-imprenditoriale delle attività.

In secondo luogo, un ruolo fondamentale è legato alla dimensione d’impresa, specie nella manifattura: lo stock di capitale IA è crescente al crescere della dimensione d’impresa, una evidenza ancora molto distante dalle attese che indicavano queste tecnologie come quasi totalmente indipendenti da fattori di scala. Il tema della scala, inoltre, vale anche per i servizi alla produzione e i servizi avanzati, per i quali l’associazione tra adozione e dimensione è ancora molto forte. Infine, la collocazione dell’impresa nella catena del valore gioca un ruolo decisivo: gli specialisti manifatturieri e i fornitori di filiera registrano i tassi di adozione più bassi, specie quando non hanno un affaccio sul mercato finale o non hanno sviluppato significative attività di coprogettazione con i committenti. Per queste imprese, specie quelle di più piccola dimensione, altri operatori decidono sulla loro dotazione di IA, siano essi le imprese guida della filiera, gli integratori di sistema o i player globali. Quale il quadro per le Marche? La caratterizzazione manifatturiera dell’economia regionale è, in questo caso, un fattore di forte limitazione: la posizione nella classifica nazionale è piuttosto bassa, a causa della piccola dimensione aziendale e della modesta presenza di servizi avanzati. Peraltro, a differenza di altre regioni simili per struttura economico-produttiva, le Marche non riescono neanche a beneficiare della prossimità di importanti poli di eccellenza, quali l’Emilia-Romagna o il Lazio. In tale scenario, difficile pensare ad un riallineamento che miri allo sviluppo di poli locali di competenze IA, obiettivo estremamente difficile per la politica industriale. Più agevole forse, anche se non scontato, un percorso che tenda invece ad agire sul fronte della domanda, ossia sul sistema delle imprese, favorendone l’aggiornamento delle strutture di governo e l’ampliamento della dimensione. Obiettivo raggiungibile anche attraverso la auspicabile sperimentazione di programmi di intervento ampi, ambiziosi e non estemporanei, mirati a sviluppare la capacità di assorbimento digitale delle nostre imprese.

*Professore ordinario di Economia Applicata all’Università Politecnica delle Marche Facoltà di Economia “G. Fuà”

© RIPRODUZIONE RISERVATA