L’intelligenza del capitale umano vitale come il fuoco di Prometeo

L’intelligenza del capitale umano vitale come il fuoco di Prometeo

di Marco Cucculelli
4 Minuti di Lettura
Lunedì 27 Novembre 2023, 02:30

Tra i tanti aspetti che l’Istat segnala nel Censimento generale delle imprese italiane appena pubblicato, ve ne sono alcuni che meritano attenzione. Tra questi, l’aumento della dimensione media delle imprese che, anche se di modesta entità, lascia ben sperare riguardo al futuro dei nostri assetti produttivi. Seppure atteso da tempo e auspicato da molti, tuttavia, il percorso di crescita della dimensione aziendale sembra incontrare ancora numerosi ostacoli. Uno di questi - segnala l’Istat - consiste nel fatto che al crescere della complessità organizzativa, aumenta anche la difficoltà nel reperire personale con adeguate competenze tecniche e in grado di attivare efficaci soluzioni digitali. Dunque, un problema di debole capacità di assorbimento della tecnologia, in particolare quella digitale, in un momento nel quale la sua disponibilità – il moderno fuoco di Prometeo – è invece pervasiva. Cosa manca al nostro sistema economico per andare più spedito lungo questo sentiero virtuoso? Difficile dare una risposta.

Al massimo si può azzardare qualche ipotesi, seguendo le indicazioni di coloro che hanno studiato con attenzione la precedente rivoluzione industriale, quella della macchina a vapore. Tra i fattori più rilevanti c’è certamente il capitale umano imprenditoriale, fattore chiave dello sviluppo economico, che anche oggi come qualche secolo fa, ha l’occasione unica, ma anche l’onere più pesante, di stimolare e sostenere la transizione digitale. Quali considerazioni si possono fare sullo stato di questo importante fattore abilitante nel nostro paese? Una prima considerazione attiene all’emigrazione dei giovani con elevato livello di scolarizzazione. Un recentissimo lavoro su dati italiani mostra come un aumento del 2% del tasso di emigrazione della popolazione in età lavorativa riduce del 5% il tasso di creazione di nuove imprese. Ne consegue che, nel nostro paese, l’emigrazione è un pericoloso attivatore di “brain drain”: riduce, cioè, la capacità di assorbire le tecnologie che richiedono elevata formazione e rallenta la rigenerazione del sistema che passa attraverso nuove iniziative imprenditoriali. E lo fa in questi anni con una intensità mai vista nell’ultimo secolo. La seconda attiene alla struttura per età della popolazione. Nei paesi “maturi”, quelli con una quota molto elevata di popolazione anziana, come l’Italia, i tassi di imprenditorialità sono notevolmente più bassi degli altri paesi. Ciò accade perché nei paesi maturi, i percorsi di crescita professionale e di acquisizione di esperienza da parte dei giovani sono ritardati, dato che le posizioni che richiedono assunzione di responsabilità sono bloccate dai senior per più tempo.

Dunque, seppur promettenti, molti giovani non riescono a fare quell’esperienza che consentirebbe loro non solo di arricchire il proprio profilo professionale, ma anche di sfruttare al meglio le opportunità di crescita.

La terza, infine, attiene alla manutenzione e al rinnovamento dello stock imprenditoriale. L’esperienza dei distretti ha mostrato come il serbatoio di capacità imprenditoriali che ha sostenuto il gusto e l’orgoglio di produrre è stato molto ben utilizzato, ma si è purtroppo ridotto. La formazione professionale e culturale che è stata la fortuna dell’imprenditorialità locale è stata consumata, ma non è stata adeguatamente ricostruita. La “Terza Italia” ha consentito la distruzione delle scuole tecnico professionali che di quell’insieme di capacità tecniche e di gusto erano espressione. Una “generazione di minatori – per dirla citando Nardozzi – si è fatta ricca con i giacimenti, ma non ha creduto alla possibilità di ricostruirli, né a quella di sviluppare, per così dire, un’industria mineraria fatta di nuove capacità imprenditoriali e in grado di sfruttare nuovi filoni e giacimenti”. La quarta rivoluzione industriale, quella dell’intelligenza artificiale, ha bisogno dell’intelligenza del capitale umano, che rende vive le imprese e la società.

Non può funzionare senza. Come il fuoco che Prometeo dona agli uomini per farli uscire dallo stato di passività, l’innovazione richiede l’intelligenza dell’uomo per funzionare. Il fuoco di Prometeo è la parafrasi dell’innovazione, affidata dal titano all’intelligenza dell’uomo. Come il fuoco, l’innovazione genera mutamenti positivi nella società solo se trattata con intelligenza. Il titano viene punito perché ha insegnato agli uomini l’uso della loro intelligenza, con la quale incidere nella struttura del potere, nei modi di governo, negli ordinamenti sociali e negli atteggiamenti culturali. È un dono che la nostra società ancora ha nei tanti giovani istruiti e intraprendenti, e che dovrebbe curare e custodire gelosamente. 


*Professore ordinario di Economia Applicata all’Università Politecnica delle Marche
Facoltà di Economia “G. Fuà”

© RIPRODUZIONE RISERVATA