Parolisi e omicidio Rea, un’ingiustizia a cui si è rimediato

Parolisi e omicidio Rea, un’ingiustizia a cui si è rimediato

di Lorenzo Sconocchini
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Lunedì 17 Luglio 2023, 07:38 - Ultimo aggiornamento: 18 Luglio, 06:20

Cercavano giustizia, trovarono la Legge. Come cantava Francesco De Gregori nella ballata Il bandito e il campione, anche i familiari di Carmela Rea, nota a tutti come Melania da quando nell’aprile 2011 in un bosco del Teramano si scoprì il suo cadavere trafitto da 36 pugnalate, hanno avuto modo di sperimentare la distanza che può esserci tra la Legge, come quella del ‘75 che la Camera Penale di Ancona richiama sul reinserimento sociale del condannato, e un comune senso di giustizia. E la domanda di fondo posta nel nostro servizio del 7 luglio (è giusto così?) era tutt’altro che provocatoria. Suonava come un interrogativo alle coscienze: è giusto che un condannato a 20 anni di carcere come l’ex caporalmaggiore dell’Esercito Salvatore Parolisi - giudicato colpevole di omicidio volontario aggravato e vilipendio di cadavere da 5 sentenze, le ultime ormai definitive - esca di carcere con un permesso premio e al primo microfono che gli passa sotto il naso possa liberamente offendere la memoria della moglie Melania, rinnovare il dolore dei parenti e farsi beffa di ogni evidenza processuale? Basta rileggersi le dichiarazioni rese ai microfoni di “Chi l’ha visto?” il 2 luglio, fuori dal carcere milanese di Bollate, per capire che quella domanda (è giusto così?) non ha certo una “prospettiva vittimologica”, e meno che mai “strumentalizza le persone offese”. Ecco a voi, in modo che vi possiate fare un’idea, la sintesi del Parolisi-pensiero: «Dodici ore di m... dopo 12 anni», si lamenta della troppa attesa di un permesso. «Ho tradito Melania, ma non l’ho uccisa... con Ludovica era solo una scappatella», banalizza il suo rapporto con moglie e amante, il triangolo che invece, secondo le sentenze, innescò la sua furia omicida. «Non avrei mai lasciato Melania...

ma sua madre era troppo presente», rimprovera alla povera vittima la colpa dei tradimenti di cui si è macchiato. «Se tu giudice pensi che sia stato io mi devi dare l’ergastolo, non 20 anni, butti la chiave e non mi fai più uscire. E me lo provi però perché non me l’hanno mai provato», è la castroneria giuridica proposta dall’ex addestratore di reclute alla caserma di Ascoli Piceno, che nel 2020 dal carcere s’è iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza. Che la nostra domanda (ma è giusto così?) non fosse una provocazione del resto lo ha confermato indirettamente il tribunale di sorveglianza di Milano, che di recente ha revocato altri 12 permessi accordati a Parolisi, proprio per quell’intervista che ha indignato molti, a partire dai parenti di Melania. Con quelle parole, scrive il magistrato di sorveglianza, il detenuto Parolisi , ha dimostrato di non aver «compreso il significato e la valenza» dei permessi premio, concessi come parte di «un percorso di reinserimento e riabilitazione sociale graduale e concreto». «La gravità delle esternazioni e l’assenza di consapevolezza» hanno fatto revocare i permessi per «stimolare una approfondita riflessione». Lo si scopre dopo, quando già sono virali sul web le parole indecenti di Parolisi. Ma chi ha firmato quel permesso premio, non lo poteva capire anche prima?

*Caporedattore del Corriere Adriatico

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