Come butta per le piattaforme di streaming? Non tanto bene. Per Disney+ piuttosto male, l’ultima trimestrale registra oltre mezzo miliardo di rosso e abbonati in calo, sempre meglio del miliardo abbondante di passivo dell’anno scorso ma una gran botta comunque, e in borsa il titolo Disney continua a perdere, mercoledì ha chiuso a 81 dollari scarsi, dal dicembre 2020 il calo è drastico, poco meno del 50%, pochi titoli han fatto peggio fra quelli dello Standard & Poor’s 500. Per giunta gli azionisti son sul piede di guerra, la società di investimenti Stourbridge ha fatto causa ai vertici dell’azienda per false comunicazioni attorno ai dati della piattaforma. Come finirà il processo lo vedremo, certo è che Disney+ non sta andando secondo le previsioni, si sosteneva avrebbe cominciato a generare utili nel 2023 (ciao còre) o al più tardi nel 2024 (la cosa appare complicata). Netflix dal canto suo è in attivo e anche gli abbonati sono cresciuti nel secondo trimestre, ma la società mette in conto possano calare nei prossimi mesi. Mentre Amazon Prime ha iniziato a sforbiciare brutalmente, e vale a dire senza manco concedere agli autori di girare un frettoloso finale, le serie che han dimostrato di funzionare meno, e non son poche e il segnale non è bello. Niente di sorprendente in verità. Le piattaforme di streaming si sono moltiplicate, logico che nel breve periodo tutte soffrano l’accresciuta concorrenza. Nel medio, alcune, non certo le tre citate, chiuderanno i battenti, la sventurata e da nessuno rimpianta Itsart ha fatto da apripista. Però. Recupero - ed è un miracolo, ritrovo mai nulla, quel che con tanta cura archivio perdo, non ho capito come - recupero dunque un articolo del maggio 2022. Appena sedici mesi fa, la Nielsen - leader nel settore delle analisi di mercato - vaticinava: «Lo streaming è il futuro della tv» (di passata, si può notare come ora le piattaforme stiano copiando le televisioni, rendendo convenienti gli abbonamenti con spot pubblicitari). Oggi da più parti si leggono parole molto diverse. IT Media Consulting, altra azienda mica composta da pirla, sostiene che nel medio-lungo periodo nel campo dell’intrattenimento lo streaming sarà messo in crisi dai social, prediletti dai giovani perché veloci e gratuiti (però, sicuri sicuri che i ragazzi abbiano la capacità di concentrazione di un paramecio e non amino nulla di più lungo e complesso d’un video tiktok?).
*Critico cinematografico e opinionista
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Utilità Contattaci
Logout