La glaciazione demografica Meno culle, meno densità

La glaciazione demografica
Meno culle, meno densità

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 8 Novembre 2023, 06:35

Da qualche anno è cresciuta l’informazione e la consapevolezza sulle tendenze demografiche del nostro paese. A ciò ha senz’altro contribuito la campagna di informazione dell’ex presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, che ha fatto di questo tema uno degli elementi caratterizzanti la sua presidenza. Da alcuni anni l’Istat dedica un’accresciuta attenzione alle statistiche demografiche fornendo, tra l’altro, previsioni a lungo termine sull’andamento della popolazione a livello nazionale e previsioni a livello comunale dei principali indicatori demografici. Si deve a Gian Carlo Blangiardo l’espressione ‘inverno demografico’ riferita alla prospettiva di andamento della popolazione italiana nei prossimi decenni. Un inverno determinato dal calo della popolazione e dal suo progressivo invecchiamento: dai 59 milioni del 2022 a 58 nel 2030, 54 nel 2050 fino a 46 milioni nel 2080.

Nel frattempo, il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2022 a circa uno a uno nel 2050. La principale causa di queste tendenze è il calo della natalità. Attualmente il numero medio di figli per donna è di 1,2 mentre per la stabilità della popolazione occorrerebbe un indice superiore a 2. Le Marche non sono esenti da questo scenario. Come ha documentato Lorenzo Sconocchini in un articolo su questo giornale dello scorso 23 ottobre, nelle Marche l’inverno demografico sembra essere più rigido della media italiana. Il numero medio di figli per donna è fermo a 1,16 e nel 2022 le nascite sono state 8.779, in calo di quasi il 5% rispetto al 2021 e ben lontane dalle circa 14.000 degli anni precedenti al 2010. Secondo le ultime stime, la popolazione regionale calerà di 50.000 residenti nei prossimi 10 anni e di 100.000 residenti fra vent’anni. La demografia si caratterizza per una forte dipendenza dei fenomeni nel tempo. Il calo delle nascite di questi anni determinerà un calo ancora più accentuato fra trent’anni. Ciò spiega perché la riduzione della popolazione andrà accelerando nei prossimi decenni. Da questo punto di vista, l’espressione ‘inverno demografico’ non sembra appropriata: fa pensare all’alternarsi delle stagioni e al fatto che fra qualche tempo arriverà la primavera.

Se vogliamo mantenere la metafora del freddo, nel caso della demografia italiana è più appropriato parlare di glaciazione, poiché è una situazione destinata a durare e ad accentuarsi per tutto questo secolo.

Il nostro paese, come noto, non brilla nella capacità di programmazione a lungo termine. Il tasso di natalità è crollato in Italia negli anni ’80 del secolo scorso e già da allora gli studiosi del fenomeno ne avevano evidenziato le conseguenze sull’evoluzione demografica a lungo termine. Ciononostante, abbiamo impiegato qualche decina d’anni per prenderne consapevolezza. Essendo ormai tardi per invertire la tendenza al declino demografico non resta che prepararsi alle sue conseguenze. Che saranno drammatiche su diversi fronti: da quelle sul mercato del lavoro (già evidenti) a quelle sulla sanità e sul sistema pensionistico (che diventeranno sempre più evidenti nei prossimi anni). C’è un ulteriore aspetto del calo demografico di cui non si è presa sufficiente consapevolezza: la riduzione della densità della popolazione sul territorio. Il fenomeno è particolarmente evidente in alcune regioni del sud ma anche nelle Marche che partono da una struttura insediativa già molto decentrata. La perdita di densità ha conseguenze rilevanti, soprattutto per l’efficienza e l’efficacia dei servizi pubblici. Si pensi, ad esempio, ai servizi di trasporto. La transizione ecologica imporrebbe di utilizzare sempre meno il trasporto privato a favore dei sistemi di trasporto pubblico. Ma il trasporto pubblico è sostenibile se collega nodi di popolazione sufficientemente densi. Per questo, come per altri aspetti, occorrerà immaginare soluzioni del tutto nuove, anche dal punto di vista degli insediamenti della popolazione e dell’organizzazione delle città, come suggerito nell’editoriale di ieri da Edoardo Danieli. Soluzioni che tengano conto degli scenari futuri piuttosto che di improbabili, se non impossibili, ritorni al passato. 

*Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore della Fondazione Merloni

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