Basta con le stragi di innocenti, serve una conversione ecologica

Basta con le stragi di innocenti, serve una conversione ecologica

di don Aldo Buonaiuto
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Domenica 18 Settembre 2022, 06:10

Sconcerto e dolore sono le prime emozioni per la tragedia senza precedenti che si è abbattuta in questi giorni sulle Marche. L’inaspettato e violentissimo nubifragio ha portato un pesante fardello di sofferenza e di lutti, assieme alle storie commoventi e strazianti di quelli che si sono salvati, ma anche di coloro che purtroppo non ce l’hanno fatta. Dinanzi alla disperazione che abbiamo visto nei volti della gente e al dolore di chi non potrà più riabbracciare i propri cari, prima di tutto, bisogna fermarsi, restando in silenzio e preghiera e testimoniando solidarietà, vicinanza e raccoglimento.

Ma poi, nei prossimi giorni, le tante, troppe vite spezzate e le devastazioni subite richiedono di intervenire in modo deciso e radicale nel nostro territorio affinché eventi di questo genere possano essere scongiurati o quanto meno mitigati nel prossimo futuro. Distruzione e morte non possono mai avere l’ultima parola. E allora i mesi a venire dovranno divenire i mesi dell’operosità e delle responsabilità condivise, fuori e dentro le istituzioni preposte a vigilare su queste situazioni, senza polemiche e senza inerzie. La nostra regione è in grado di unirsi con tenacia nei momenti più drammatici ben sapendo che ogni gesto a favore del prossimo è fonte di arricchimento reciproco.

«Faremo tutto il possibile, tutto quello che è necessario», ha affermato il presidente Mario Draghi esprimendo la vicinanza del Governo alle famiglie colpite dall’emergenza e stanziando 5 milioni di euro per i primi interventi. Mentre i sentimenti di tristezza si mescolano alle preoccupazioni per quello che verrà, non si può negare che, in questi ultimi anni, stiamo sempre più assistendo a eventi climatici estremi, quali trombe d’aria, prolungate siccità, maxi grandinate, occorrenze inusuali per il clima temperato del Mediterraneo. Non solo: grandi cataclismi di origine naturale ormai sono frequenti in tutto il globo. È chiaro che gli effetti di tali calamità sono aggravati da mancanze di cura dell’ambiente da parte dell’umanità, come se la natura si ribellasse alla nostra indolenza e maltrattamenti. L’uomo, troppo spesso, si sente padrone assoluto di tutto ciò che lo circonda, e non rispetta niente e nessuno.

Papa Francesco ha invitato a «promuovere una cultura globale e locale di riduzione dei disastri e di maggiore resilienza ad essi, armonizzando le nuove conoscenze con quelle tradizionali»; più volte ha sollecitato le Nazioni a «promuovere e sviluppare un’ecologia integrale come alternativa a un modello di sviluppo ormai superato», ma che continua a produrre un degrado ambientale e umano strettamente legato a quello morale. Il problema del cambiamento climatico è diventato un’emergenza che non è più marginale e interessa ogni essere umano, soprattutto i poveri e quanti abitano le cosiddette “periferie economiche” del mondo.

Il Pontefice, durante l’incontro con la Pontificia Accademia delle Scienze del 13 luglio scorso, ha indicato, in particolare, una strada per prendersi cura della Casa comune: quella della «conversione ecologica» – sulla scia di san Giovanni Paolo II come risposta alla catastrofe ecologica preannunciata da san Paolo VI già nel 1970 - che richiede un cambiamento di mentalità. Una conversione che implica in primis un senso di gratitudine per il dono amorevole e generoso della creazione da parte di Dio e richiede di riconoscere che siamo uniti «in una comunione universale» tra di noi e con il resto delle creature del mondo affrontando «i problemi ambientali non come individui isolati, ma in solidarietà come comunità». Il creato ci è stato donato non per essere sfruttato, ma per essere preservato e allo stesso tempo valorizzato dall’ingegno umano senza dimenticare i fragili equilibri che legano ogni creatura vivente al Pianeta. Per risolvere gli attuali problemi è fondamentale compiere scelte coraggiose e di ampio respiro a livello locale e internazionale fornendo assistenza economica e tecnologica. Custodire il creato vuol dire anche vivere personalmente la responsabilità di rendere sempre più armoniosa la creazione attraverso la gratuità e il servizio nei confronti di ogni individuo.

* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

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