Stipendi, il governo studia un nuovo taglio dell'Irpef: ecco come cambierebbero le buste paga. Le simulazioni

Il viceministro dell'Economia, Maurizio Leo, ha annunciato che il governo lavora a un nuovo taglio dell'Irpef per chi guadagna attorno ai 50mila euro l'anno: per la classe medio-alta, quindi, il prossimo anno ci potrebbero essere dei risparmi importanti

Stipendi, il governo studia il nuovo taglio Irpef: quanto possono salire le buste paga. Le simulazioni
Stipendi, il governo studia il nuovo taglio Irpef: quanto possono salire le buste paga. Le simulazioni
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Martedì 6 Febbraio 2024, 19:15

Una nuova sforbiciata alle aliquote Irpef che potrebbe far salire ancora di qualche centinaio di euro l'anno i redditi e le buste paga. Il governo ci sta lavorando e cerca le apposite risorse, con l'idea di privilegiare stavolta la fascia medio-alta, cioè coloro che guadagnano attorno ai 50mila euro l'anno. Il destino del taglio dell'Irpef è legato a quello di un altra misura: il concordato biennale per le partite Iva. Più risorse arriveranno da lì, più l'esecutivo investirà sul nuovo taglio Irpef. Parola del viceministro dell'Economia, Maurizio Leo. Ma se da tre si passasse a due aliquote, cosa cambierebbe effettivamente per le buste paga e chi ci guadagnerebbe?

Irpef, di quanto sono saliti gli stipendi

Quest’anno, e per ora solo per quest’anno, il governo ha ridotto le aliquote fiscali da quattro a tre, accorpando quella del 25% a quella del 23%. Questa misura costa 4 miliardi di euro e produce un beneficio di 260 euro all’anno per i contribuenti. L’intenzione di Leo non è solo quella di confermare il taglio anche per il 2025, ma di allargarlo.

L’idea, con il prossimo modulo della riforma Irpef, è di favorire la classe medio-alta, quella che guadagna attorno ai 50 mila euro e che proprio il taglio dell’Irpef disegnato nell’ultima manovra ha penalizzato introducendo una franchigia sulle detrazioni esattamente di 260 euro, che ha escluso questi redditi dal beneficio della riduzione delle tasse. Insomma, per chi guadagna più di 50mila euro il vantaggio del taglio Irpef di quest'anno si riduce fino ad azzerarsi.

Dove trovare le risorse per un nuovo intervento

La riforma fiscale disegnata da Leo ha al suo interno un meccanismo di “autofinanziamento”. Tutte le misure che determinano un gettito fiscale, vanno a finire in una sorta di salvadanaio, un fondo per finanziare invece le misure che hanno un costo, come appunto il taglio dell’Irpef. Questo fondo è già stato alimentato dalla cancellazione di una misura per le imprese, l’Ace, l’aiuto alla crescita economica, un’agevolazione fiscale introdotta dieci anni fa per favorire la capitalizzazione delle aziende. Grazie alla sua cancellazione il fondo potrà contare su una dote di 3,5 miliardi di euro per il 2025, e circa 2,7 miliardi l’anno a partire dal 2026. Una dote importante ma non sufficiente. Per questo nel “fondone” per il taglio delle tasse dovrà finire anche il gettito che sarà recuperato alle casse dello Stato grazie al concordato preventivo per le Partite Iva.

Il possibile tesoretto nel 2025

Nella prima versione il decreto prevedeva maggiori incassi per lo Stato grazie al concordato, di circa 1,8 miliardi. Soldi che però derivavano soprattutto dal fatto che era previsto che l’accesso alla misura era possibile soltanto per chi avesse ricevuto un voto agli Isa (le pagelle fiscali date dall’Agenzia), di almeno “8”. Insomma, si stimava che per ottenere i benefici del concordato, molte partite Iva che avevano un voto inferiore avrebbero dichiarato di più per centrare il giudizio minimo per aderire al concordato. Ma dopo il passaggio parlamentare il voto minimo è stato eliminato.

E questo potrebbe far salire il gettito per lo Stato.

Gli effetti di questa misura tuttavia, saranno noti dopo il 15 ottobre, data ultima per accettare (o rifiutare) la proposta del Fisco. Pochi giorni dopo arriverà la manovra del governo e si scoprirà se gli incassi del concordato saranno sufficienti a permettere di proseguire con il taglio delle tasse.

Quanto si guadanerebbe in busta paga

Per Leo l'obiettivo del governo dal 2025 in poi è un sistema a due aliquote. In controtendenza con la decisione appena presa dal governo sul taglio alle detrazioni sopra i 50mila euro di reddito, Leo ha spiegato che in futuro si punta a tutelare quella fascia di reddito. «Il contribuente con poco più di 50mila euro di reddito - ha detto - non possiamo dire che sia iper-ricco e paga il 43% di tasse, troppo. Bisogna pensare gradualmente a questi soggetti». «Se non si va verso una riduzione della pressione fiscale - ha concluso - questo Paese non fa passi avanti».

L'obiettivo futuro del governo è quindi ridurre il carico fiscale per le fasce di reddito medio-alte: può essere fatto abbassando l'aliquota massima del 43% o spostandola su livelli di ricchezza più elevati. Si potrebbero quindi avvicinare o accorpare le prime due aliquote (23% e 35%), lasciando quella al 43% per i redditi sopra una soglia più elevata (magari 70-80mila euro). Altrimenti si possono accorpare la seconda e terza aliquota, abbassando la terza e alzando leggermente la seconda (magari attorno al 38-40%).

In questo caso, però, per non fare un'operazione troppo iniqua dovrebbero essere immaginati nuovi meccanismi di taglio alle detrazioni per i redditi alti. Operazioni del genere potrebbero far guadagnare (anche in busta paga) diverse centinaia di euro l'anno a tutti coloro che hanno uno stipendio o un reddito superiore ai 28mila euro annui, ma sarebbero molto onerose per le casse dello Stato (insomma, 1,8 miliardi non basterebbero). Le risorse, al momento, non ci sono. Motivo per cui l'intervento per ora rimane in stand-by.

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