Schettino torna sul relitto della Concordia
lite e show dell'ex comandante

Francesco Schettino torna a bordo del relitto della Concordia
Francesco Schettino torna a bordo del relitto della Concordia
di Nino Cirillo
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Venerdì 28 Febbraio 2014, 12:13 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 09:44

ISOLA DEL GIGLIO - Da brividi. Una giornata da brividi. Con un unico, sinistro prim’attore: Francesco Schettino da Meta di Sorrento, ex comandante della Costa Concordia, imputato davanti a un tribunale della Repubblica di omicidio colposo plurimo, di abbandono della nave e anche di abbandono di incapaci, ammalati e bambini, eppure capace - lui sì - di ripresentarsi qui senza una parola di scuse.

Di ripresentarsi senza un’ombra di rimorso. Tocca scegliere: se è più grave quello che ha detto - quando ha detto che non abbiamo ancora capito la differenza «tra un inchino e un passaggio ravvicinato» -, o se invece è più grave quello che non ha detto, e cioè neanche una parola per quei trentadue morti conseguenza dell’incidente.

O se è addirittura ancora più grave quello che ha fatto: salito per la prima volta sul relitto della Concordia, a due anni da quella tragica notte, Schettino ha pensato bene di togliersi il casco bianco di sicurezza e di mettersi in posa per le foto che il suo avvocato, Domenico Pepe, ha voluto scattargli.

S’è messo a posto il ciuffo e via: una raffica di clic. E non è un’indiscrezione: non uno, ma diversi cameramen hanno immortalato da un barchino la scena e l’hanno rilanciata sui tg per tutto il pomeriggio. Cosa avesse in mente Schettino nel chiedere al tribunale di Grosseto l’autorizzazione a questa comparsata, francamente è difficile da immaginare. Di sicuro il risultato è stato disastroso. Lo si è capito già dal mattino, quando nel breve tratto di strada che lo separava dall’Hotel Demo’s al porto, all’imbarco per il sopralluogo sulla nave, ha dovuto affrontare non solo l’indemoniato assalto delle telecamere ma anche gli insulti della gente. Prima un «bastardo», giusto all’inizio del corso, poi un sonoro «affogatelo», una volta arrivato al porto, e infine Beatrice, una bimbetta di terza elementare, che proprio altro dal cuore non le veniva: «Sei un truffatore».

SCORTATO

Erano da poco passate le dieci e mezza. Francesco Schettino stava per tornare sulla Concordia, stava per andare a fornire ai periti quello che lui avrebbe poi definito «un contributo tecnico». L’accompagnavano carabinieri, periti, rappresentanti della Costa Crociere: era lo show che per tanti mesi forse aveva sognato. Saranno stati lassù quattro ore buone, non sulla plancia di comando, no, perché sarebbe stato troppo e poi anche perché quella era stata già ispezionata il 23 gennaio scorso, ma attorno al generatore elettrico d’emergenza, che quella notte non funzionò, e negli ascensori della nave che pure quelli, ovviamente, si bloccarono subito dopo il naufragio.

LA POLEMICA

E’ stato al ritorno sulla banchina che Schettino ha dato il peggio di sé. «Chi parla di abbandono della nave non ha capito niente», ha cominciato a sbraitare alle prime domande incalzanti. Non gli è bastato neppure proclamare: «Io ci ho messo la faccia, io sto facendo il processo». Perché qualcuno di buona memoria gli ha ricordato: «Ma non aveva chiesto anche lei il patteggiamento?». Silenzio, un lungo silenzio. Quali sono le sue emozioni? «Le mie emozioni non sono importanti, è roba da gossip». Rifarebbe tutto quello che ha fatto? Ancora silenzio. Si sente colpevole? «Le mie colpe le accerterà il processo. Quando le stabilirà la Cassazione, allora vi dirò le mie colpe, una per una». E via di questo passo.

LE SPIEGAZIONI

Ha provato anche a fare lo scienziato, il comandante Schettino. Ha cominciato a parlare di «concause», di «suddivisione di responsabilità», giusto per buttarla un po’ in caciara, fino a sproloquiare sul concetto di abbandono della nave: «In questi casi si tratta di mitigare le conseguenze dell’ordine di abbandono con quelle del panico che si crea. Un’equazione da compiere con intelligenza». Con intelligenza? E perché mai, a un certo punto di quella notte, lui era già al sicuro, a terra, e il vice sindaco del Giglio, invece, ancora sulla nave a soccorrere i naufraghi? Silenzio, ancora silenzio.

SUL TRAGHETTO

È stato intorno alle tre che l’ha capito: si stava praticamente scavando la fossa con le sue mani. Ha deciso quindi di abbandonare la scena, non prima di regalare il suo pensierino di circostanza: «Spero che la nave vada via presto da qui, che il Giglio possa finalmente tornare a una vita normale». Ma non era finita: Schettino s’è imbarcato sul traghetto delle cinque e mezza per Porto Santo Stefano e per sfuggire alla caccia dei giornalisti che avevano deciso di imbarcarsi con lui un rifugio doveva pur trovarlo. Così ha viaggiato sulla plancia di comando, ovviamente.