Operazione a Rafah, anche Cina e Russia isolano Netanyahu. «Indagine Usa sui crimini»

Le cancellerie internazionali, ultime quelle di Pechino e il Cremlino, premono per evitare l'operazione di terra

Operazione a Rafah, anche Cina e Russia isolano Netanyahu. «Indagine Usa sui crimini»
Operazione a Rafah, anche Cina e Russia isolano Netanyahu. «Indagine Usa sui crimini»
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 08:08

 Il primo ministro Benjamin Netanyahu lo ha ripetuto anche nell’ultimo incontro con l’omologo olandese Mark Rutte: «La guerra è destinata a continuare fino alla vittoria totale su Hamas». Ma il raggiungimento di questo obiettivo, al momento, passa necessariamente per un’operazione a Rafah. E questo scenario preoccupa l’intera comunità internazionale, terrorizzata dall’idea che un attacco alla città meridionale della Striscia di Gaza faccia sprofondare il negoziato tra Hamas e Israele e che soprattutto provochi un disastro umanitario al confine con l’Egitto.

IL MONDO IN ANSIA

I timori uniscono in maniera trasversale tutte le cancellerie mondiali. Washington, maggiore alleato di Israele, ha da tempo fatto capire allo Stato ebraico la preoccupazione per un possibile attacco in una città dove sono presenti non solo diversi battaglioni di Hamas, ma anche moltissimi civili palestinesi, in larga parte sfollati dal nord della Striscia. Per il presidente Joe Biden, che ha garantito il suo impegno «giorno e notte» per un accordo tra Hamas e Israele, la crisi mediorientale è ormai in cima all’agenda. E nell’incontro con il re Abdullah II di Giordania ha sottolineato che «una grande operazione militare a Rafah non dovrebbe procedere senza un piano credibile per garantire la sicurezza e il sostegno di oltre 1 milione di persone che si rifugiano». Parole che si uniscono alle rivelazioni sulla frustrazione della Casa Bianca per le politiche di Netanyahu, ma anche alle clamorose indiscrezioni dell’Huffington Post riguardo le indagini in corso al Dipartimento di Stato su eventuali violazioni del diritto internazionale (e delle leggi Usa) da parte delle forze armate israeliane. Di fatto si tratta di un’indagine per crimini di guerra. 

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LE PRESSIONI

L’obiettivo di Washington è far sì che Netanyahu, sentendosi sempre più isolato, faccia un passo indietro. E in Occidente sono in molti a pensarla allo stesso modo.

Il portavoce del premier britannico Rishi Sunak ha parlato dell’inquietudine di Londra per il piano di attacco su Rafah. Mentre il ministro degli Esteri David Cameron ha chiesto a Israele di «riflettere seriamente prima di intraprendere qualsiasi ulteriore azione». Anche l’Alto Rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, ha espresso a più riprese i timori di Bruxelles per quanto accade ai confini con l’Egitto. E mentre il premier belga Alexander De Croo ha detto che l’assalto israeliano «causerebbe una catastrofe umanitaria assoluta», sul punto, è intervenuto anche il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che nel bilaterale con il governo italiano per l’anniversario dei Patti lateranensi ha sostenuto che «di fronte a oltre 30 mila morti non si può più continuare».

IL MONDO ARABO

L’attenzione per Rafah resta naturalmente molto alta in Medio Oriente. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è intervenuto ancora una volta chiedendo di «fermare subito il massacro di Gaza», e di farlo «prima che la regione sia esposta a minacce più gravi». Mentre il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, si è rivolto agli Stati Uniti chiedendo di premere su Israele affinché eviti un’operazione in grado di destabilizzare la regione e di mettere a rischio centinaia di migliaia di palestinesi.

CINA E RUSSIA

A unirsi alle pressioni sullo Stato ebraico sono anche Cina e Russia, rivali degli Usa ma concordi sulla necessità di evitare l’assalto nel sud della Striscia. L’inviato del Cremlino per il Medio Oriente, Mikhail Bogdanov, ha chiarito che Mosca considera «estremamente negativa» l’ipotesi di attacco a Rafah, mentre per il portavoce della presidenza, Dmitry Peskov, la Russia è pronta a sostenere «qualsiasi azione che possa aiutare a liberare gli ostaggi e raggiungere un cessate il fuoco». Per il Cremlino è fondamentale mostrarsi come una potenza stabilizzatrice in Medio Oriente. E lo stesso obiettivo lo ha Pechino, che ieri, con una nota del ministero degli Esteri, ha chiesto a Israele «di fermare le operazioni militari il prima possibile, fare tutto il possibile per evitare vittime civili innocenti e di prevenire una catastrofe umanitaria ancora più grave a Rafah». Un segnale da non sottovalutare. La Cina da tempo cerca di imporsi nell’arena mediorientale. E l’incendio di Gaza può avere ripercussioni sugli equilibri regionali e sulle sueÈ future leadership.

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