Quanto tempo potrà durare? Clara Ferreira Marques, editorialista di Bloomberg Opinion, nella sua analisi sulla situazione russa e sul regime di Vladimir Putin, non prospetta un’imminente caduta dello “zar”, ma ha una certezza: «La decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina - tagliando fuori dal mondo una nazione di quasi 150 milioni di persone e silurando la sua economia alla ricerca di un’illusione - segna l’inizio di un atto finale per il presidente russo». Anche se non ancora la fine.
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Una caduta lenta ma inesorabile
La “caduta”, secondo l’editorialista, però non sarebbe imminente: Putin controlla la società e l’opinione pubblica che, per la maggior parte, ha della guerra l’idea di un attacco alla Russia. Inoltre, non esiste più un organismo che possa sfiduciarlo e non ha neppure un successore possibile. Un colpo di stato, dall’alto o dal basso, dunque, in questo momento, secondo l’analista, è improbabile. Ma quella putiniana è una parabola discendente, senza una prospettiva. La fragilità del sistema, nel quale le crepe sono evidenti, però sarà determinante. Per questo, secondo Bloomberg, l’Occidente dovrebbe alimentare il malcontento sotterraneo crescente, sostenendo i media indipendenti, anche in esilio, e tentando di aprire l’accesso all’informazione ai cittadini comuni. Anche l’aumento della pressione economica, che già sta schiacciando la Russia, è uno strumento per indebolire ulteriormente il regime. Tuttavia, è la conclusione, nulla garantisce la democrazia in Russia, perché se anche Putin cadesse l’alternativa immediata non sarebbe necessariamente quella liberal democratica. La scomparsa dallo scenario dello “zar”, però, fermerebbe la distruzione alla quale il mondo sta assistendo.
Il controllo
Spiega Ferreira Marques: «Travolti dal fascino del comico ucraino diventato presidente, dal coraggio dei difensori del Paese e dagli errori delle forze armate russe, alcuni potrebbero pensare che un errore di calcolo di questa portata provocherà la rapida scomparsa del leader russo più longevo dai tempi di Josef Stalin.
Il dissenso
«Non sorprende - osserva ancora l’editorialista - che vi sia anche tolleranza zero anche per le manifestazioni più benigne e individuali contro la guerra, poiché il Cremlino è fin troppo consapevole che le critiche contro la sua “operazione speciale” possano rapidamente rivoltarsi contro il regime. Dall’inizio dell’invasione, OVD-Info calcola che siano state arrestate più di 13.200 persone, un numero straordinario visti i vincoli alla protesta, alcuni per reati minori come appendere uno striscione.
Putin, un ex uomo del Kgb, ha ancora la lealtà dei servizi di sicurezza e di una Guardia Nazionale di circa 400nila uomini, Rosgvardia, che ha creato sei anni fa, fa capo direttamente a lui ed è gestita dalla sua ex guardia del corpo. Controlla ancora anche i livelli superiori del governo, compresi i veterani dei servizi di sicurezza “siloviki”, che sono molto meno uniti di quanto spesso si pensi e intervengono molto raramente, come nell’agosto del 1991, in un momento di crollo dello Stato. Sì, ci sono state espressioni di malcontento tra gli oligarchi, ma non sono gli anni ‘90. Nella Russia di Putin, i miliardari incassano gli affitti, non sono i mediatori di potere che erano una volta. Fondamentalmente, Putin ha assicurato che non ci siano alternative ovvie alla sua leadership, nessun sostituto facile».
Ben Noble dell’University College London, che studia politica interna russa, fa notare che è di proposito che non esiste un equivalente moderno del Politburo, che ha permesso di rimuovere Nikita Khrushchev nel 1964, un evento raro in Unione Sovietica, e in parte a causa della sua cattiva gestione della crisi dei missili cubani»
Le forze in campo
«Sul fronte di battaglia, nel frattempo, la Russia ha dispiegato solo una frazione delle sue risorse. Il suo esercito può essere mal nutrito, guidare veicoli mal tenuti ed essere confuso sulla sua missione, ma ha le armi e la manodopera per andare avanti e provocare molti più danni.
Ma per quanto tempo può continuare? Ci sono voci contro la guerra, se non proprio anti-Putin, da angoli emergenti difficili da tacere. Di solito le celebrità apolitiche hanno parlato, direttamente ai fan. Funzionari regionali, giornalisti con media favorevoli allo Stato, persino studenti di una prestigiosa università che forma i diplomatici russi hanno firmato lettere aperte. Soprattutto, quando l’economia si disintegra, i lavoratori sono arrabbiati».
Il risentimento
Bloomberg cita Tatiana Stanovaya di R.Politik, una società di analisi politica, che evidenzia un profondo risentimento all’interno dell’élite russa, incerta su cosa aspettarsi per il futuro. «Quel malcontento è in gran parte silenzioso. Sotto pressione, tuttavia, compaiono fratture alla base. Questi elementi non sono ancora pericolosi per la sopravvivenza di Putin, ma più viene esercitata la repressione, più fragile è il sistema e meno è in grado di affrontare le tensioni sociali che emergeranno quando le finanze statali si logoreranno». E secondo R Politik «Sono queste tensioni non la politica estera, che alla fine forzeranno il cambiamento. Alla Russia, per ora, mancano gli ingredienti cruciali per la fine dell’attuale regime, afferma il politologo Lee Morgenbesser della Griffith University in Australia, che ricerca sistemi autoritari: non c’è un leader di transizione dietro le quinte, nessuna mobilitazione di massa. Sottolinea che Putin ha pochi incentivi ad allontanarsi, dato che qualsiasi uscita - con tutte le garanzie di sicurezza e finanziarie richieste dagli autocrati - verrebbe negoziata oggi da una posizione di debolezza».
Il punto di svelta
La conclusione, però, è che il regime sia al tramonto: «Ci sarà un punto di svolta, un fattore scatenante che alla fine darà il via a espressioni di malcontento economico e sociale già ribollente, su una scala che il Cremlino non può ignorare. Come ha dimostrato Hosni Mubarak in Egitto, non ci vuole molto quando arriva il momento. Questa prospettiva dovrebbe spronare l’Occidente a continuare a sostenere i media indipendenti, anche in esilio, e ad aprire l’accesso all’informazione per i cittadini comuni. Dovrebbe indurre solo un aumento della pressione economica che già sta schiacciando la Russia. Niente di tutto ciò garantisce la democrazia - l’alternativa immediata a Putin non è necessariamente quella liberaldemocratica - ma la priorità oggi è fermare la distruzione sfrenata».
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