È una missione inderogabile. Salvare il sistema della Giustizia italiana dal collasso. E mettere al sicuro i miliardi delle prossime rate del Pnrr. Grava sulle spalle ancora esili, per la poca esperienza, di ottocento giovani toghe italiane. Magistrati stagisti a cui il governo accorcerà il tirocinio: da 18 a 12 mesi. Per spedirli prima nei tribunali e sfoltire la montagna di processi arretrati, soprattutto civili, che ingolfano le aule da Nord a Sud.
L’ADUNATA
Fra le maglie del decreto Milleproroghe il governo Meloni inserisce due norme per tamponare l’emergenza giustizia. La prima sui nuovi magistrati ordinari: le toghe che hanno superato il concorso tra il 2022 e il 2023 e sono ancora alle prese con il tirocinio negli uffici giudiziari di mezza Italia. Durerà sei mesi in meno: servono infatti forze fresche per rimpiazzare le carenze d’organico e «consentire una più celere copertura delle vacanze nell’organico degli uffici giudiziari di primo grado».
La seconda norma interviene invece sul fuggi-fuggi dei funzionari dell’amministrazione giudiziaria italiana che sempre più spesso fanno richiesta per essere distaccati in altri ministeri. Cancellieri, assistenti giudiziari, figure chiave per il funzionamento della macchina: è un’emorragia.
Di qui l’intervento del governo. Per evitare «che si verifichi un esodo verso altre amministrazioni del personale già in servizio e che permangano o si accentuino le carenze d’organico dei vari profili del personale del comparto», si legge nella relazione tecnica del provvedimento, fino a dicembre 2024 il personale in servizio non potrà essere «comandato, distaccato o assegnato presso altre pubbliche amministrazioni», salvo un esplicito nulla osta del vertice. Un sonoro altolà, per evitare che la macchina rallenti ancora. È una norma in realtà introdotta anni fa, temporaneamente, sotto il governo Renzi. E prorogata puntualmente per arrestare la fuga dei dipendenti della Giustizia in altri ministeri e Pa. Ora da via Arenula arriva un nuovo stop per il 2024 perché, riconosce il ministero guidato da Carlo Nordio, l’Italia fa i conti «con un comparto giustizia ancora gravato da serie difficoltà, anche legate alla carenza di personale». È un secondo passo, questo, dopo il primo fatto con la riforma della magistratura approvata in autunno da Palazzo Chigi in attuazione del Pnrr.
LE TAPPE
Sono norme-tampone, certo. In attesa delle assunzioni in programma per l’anno in corso. Attesissime quelle per l’Ufficio del processo: 4200 i funzionari che entreranno per concorso al ministero e rinforzeranno gli uffici che aiutano tribunali e Corti d’Appello a smaltire la mole di fascicoli giudiziari arretrati. Cioè a centrare uno degli obiettivi chiave del Recovery italiano. Entro il 2024, così prevede la recente rimodulazione del piano europeo, l’Italia dovrà ridurre del 95 per cento i fascicoli pendenti da più di tre anni nei tribunali e nelle Corti di Appello al 31 dicembre del 2019.
Uno sforzo extra per cui sarà rinnovato il sistema di valutazione dei giudici: premi a chi chiude in tempo i processi pendenti, sanzioni a chi affastella dossier negli armadi dei tribunali. Così si spiega anche il reclutamento dei “baby-magistrati” freschi di concorso. Il tirocinio delle 800 toghe, si diceva, sarà decurtato: durerà solo un anno. Otto mesi saranno già spesi negli uffici giudiziari, per prepararsi a entrare nel ruolo. Di questi, tre mesi saranno trascorsi nei tribunali, un mese «presso le Procure della Repubblica» e gli ultimi quattro «presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio». Una vera e propria adunata per combattere lentezze e ritardi della giustizia-lumaca italiana su cui pende la spada di Damocle della Commissione Ue.