Filippo Turetta, «le cure mancate». Cinque incontri con lo psicologo: «Parlava di Giulia Cecchettin, di timidezza e difficoltà negli studi»

Le amiche di Giulia Cecchettin lo avevano convinto ad andare in cura all'Ulss 6 Euganea di Padova

Filippo Turetta, «le cure mancate». Cinque incontri con lo psicologo: «Parlava di Giulia Cecchettin, di timidezza e difficoltà negli studi»
Filippo Turetta, «le cure mancate». Cinque incontri con lo psicologo: «Parlava di Giulia Cecchettin, di timidezza e difficoltà negli studi»
di Lee Gotti
4 Minuti di Lettura
Venerdì 8 Dicembre 2023, 10:13

Filippo Turetta da fine settembre era in terapia da uno psicologo. "L'abbandono" da parte di Giulia Cecchettin, i problemi all'università, erano cause di pesanti angosce. Filippo, pare su sollecitazione della stessa Giulia, dei familiari e delle amiche della ex fidanzata, aveva chiamato lui stesso il Cup dell'Usl 6 di Padova per prenotare i colloqui.

Il 17 novembre, dopo 5 incontri, avrebbe dovuto partecipare all'ultima seduta, ma quel giorno Filippo Turetta era già latitante, in fuga. Gli incontri non hanno migliorato il suo stato psicologico.

Gli psicologi sentiti dai carabinieri

Gli investigatori che continuano ad indagare sulla morte di Giulia Cecchettin sentiranno anche gli psicologi che hanno avuto in cura Filippo Turetta. Dottori che, ai primi di settembre, erano stati contattati proprio da Filippo Turetta che, attraverso il Cup dell'Ulss 6 di Padova, per fissare una serie di appuntamenti: il 22 settembre, il 3, il 17 e il 27 ottobre e il 3 novembre. Al sesto appuntamento, però, Filippo non c'è mai andato: quel 17 novembre era lontano, fuggito prima in Austria e poi in Germania.

Dai messaggi emerge il rapporto "tossico"

Il suo rapporto tossico con Giulia, secondo quanto si apprende mano a mano che le indagini vengono approfondite, sta avendo sempre cpiù conferme. Nei messaggi che inviava prima della scomparsa di Giulia, Turetta faceva continua pressione sulla sorella di lei, Elena, perchè la convincesse a rispondergli.

«Ciao scusa, puoi far accendere il telefono alla Giulia e farglielo lasciare acceso?», scriveva a Filippo.

E quando poi Elena rispondeva con un secco «no», aggiungeva: «Perché?! Non è giusto, non può non cagarmi per tutte ste ore. Mi aveva promesso ieri che mi scriveva durante la giornata... Dille almeno che le ho scritto».

La svolta sulla macchina

Tutto inutile, perché il 17 novembre, appunto, il giovane era già latitante da una settimana, con la polizia di mezza Europa alle calcagna. Una fuga di mille chilometri, da Fossò (Venezia) a Lipsia sulla Fiat Punto nera, ancora in custodia della polizia tedesca, che adesso, fonti italiane, dicono che andranno a prelevare per riportarla qui entro metà dicembre. Potrebbe essere un punto di svolta. 

Nella macchina infatti sono stati rinvenuti il coltello, con una lama di 12 centimetri che si ritiene sia l'arma del delitto, oltre ai sacchetti di nylon neri, uguali a quelli trovati accanto al corpo della studentessa, e il nastro adesivo. Tutti oggetti che potrebbero aver peso se l'accusa deciderà di contestare la premeditazione.

Gli investigatori potranno inoltre analizzare il telefono rinvenuto nell'auto, che potrebbe essere quello di Giulia. Resta in calendario anche un incontro tra Carabinieri e le forze dell'ordine tedesche e austriache, per una ricostruzione puntuale dell'itinerario seguito da Turetta nella fuga dall'Italia. 

La strategia della difesa

Filippo è ora rinchiuso nella sezione infermeria del carcere veronese di Montorio, controllato per prevenire il rischio di gesti autolesionistici. Al momento, infatti, Turetta potrebbe cercare di farsi del male o di suicidarsi. La Procura di Venezia non prevede per ora nuovi interrogatori. La perizia psichiatrica, se verrà chiesta al gup o nel corso del dibattimento, è un'arma che la difesa valuterà più avanti.

La perizia potrebbe servire a comprendere se l'attuazione del reato sia stata condizionata o meno da una condizione psicopatologica. La difesa potrebbe spingere su una sua infermità mentale su una sua seppur parziale incapacità di intendere e di volere nel momento del fatto. Questo potrebbe spianare la strada a delle attenuanti per evitare la pena massima dell'ergastolo.

I genitori di Filippo e Giulia

Delle parole sul "difficile perdono" dette dal papà di Giulia, Gino Cecchettin, parleranno forse i genitori di Filippo, Nicola ed Elisabetta, quando torneranno a incontrare il figlio in carcere. Il parroco di Torreglia, don Franco Marin, uno delle poche persone in contatto con i Turetta, ha spiegato che i genitori hanno provato grande rammarico per non aver potuto partecipare, causa l'enorme pressione mediatica, ai funerali della ragazza.

Quanto alla riflessione del papà di Giulia sul perdono e la citazione evangelica, il sacerdote ha detto: «Non farei l'esegesi delle parole di Gino Cecchettin sul perdono. Sul passo di Gesù e i suoi carnefici: io ho colto il "cuore" di quel messaggio, la necessità della compassione, di patire con chi sta patendo».

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