Trentasei positivi sullo stesso aereo. In media, un passeggero su 8, un dato altissimo. Alcuni, almeno una decina, avevano anche la febbre, segnale che quando sono saliti sull’aereo, a Dacca, capitale del Bangladesh, probabilmente avevano già i sintomi, ma nessuno li ha fermati, forse anche a causa dei falsi certificati di negatività rilasciati da alcune cliniche locali. L’operazione dei tamponi all’arrivo è senza precedenti nel nostro Paese. Decisa dalla Regione Lazio, per il volo speciale della Biman che lunedì ha riportato in Italia 258 adulti (tutti con residenza o permesso di lavoro nel nostro Paese), 15 minori e 3 neonati, è durata cinque ore; è stata complessa, con un dispendio di energie e risorse. Ma se la procedura fosse stata quella usuale, dunque affidandosi al semplice isolamento domiciliare fiduciario, che spesso non viene rispettato, ora avremmo in giro per Roma (ma anche nel resto d’Italia) 36 nuove persone positive che avrebbero trasmesso il virus, rialimentando l’epidemia. Non solo: presa per buona la statistica di questo volo, chi si occupa di indagini epidemiologiche alla Regione Lazio calcola che nelle ultime settimane siano entrati circa 600 positivi in arrivo da Bangladesh e da altri Paesi ad alta circolazione del virus. Fantasmi.
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Roma sta tentando anche di individuare coloro che, sempre all’interno della comunità del Bangladesh, possono essere stati contagiati in precedenza. Non solo chi è tornato da Dacca, ma anche chi ha avuto contatti con i positivi. I numeri: ad oggi i casi di rientro bangladesi sono 77, potrebbero avere frequentato connazionali; magari abitano in case insieme ad altri immigrati. Uno dei più recenti focolai, quello del ristorante di Fiumicino, è esploso proprio per un dipendente tornato dal Bangladesh.
Per questo, d’intesa con l’associazione degli immigrati bangladesi e con i leader religiosi delle comunità, è partita una campagna di tamponi nei “drive in” dell’Asl Roma 2. Lentamente si stanno presentando i primi cittadini del Paese asiatico, nella speranza che il numero salga rapidamente. Va anche detto che i “casi d’importazione”, a Roma e nel resto del Lazio, hanno interessato, nelle ultime settimane, anche arrivi dall’India (ieri una signora), dal Brasile, dal Messico, dal Perù e dagli Usa.