Vittorio Emanuele di Savoia morto, l'esilio in Svizzera, il matrimonio (a Las Vegas) con Marina Doria, gli arresti e la richiesta di risarcimento all'Italia

Vittorio Emanuele di Savoia morto, l'esilio in Svizzera, il matrimonio (a Las Vegas) con Marina Doria, gli arresti e la richiesta di risarcimento all'Italia
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Sabato 3 Febbraio 2024, 11:58

E' morto a 86 anni Vittorio Emanuele di Savoia, figlio di Umberto II, ultimo re d'Italia. Alle ore 7.05 di questa mattina, 3 Febbraio 2024, Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra». Ne dà notizia una nota di Casa Savoia. «Luogo e data delle esequie saranno comunicati appena possibile».

Il padre, ultimo re d'Italia

Acclamato alla nascita (1937) principe dell'Impero, Vittorio Emanuele ricevette dal nonno il titolo di principe di Napoli, come d'uso in casa Savoia per i principi ereditari e loro primogeniti in alternanza con quello storico di principe di Piemonte, allora attribuito al padre Umberto, in quel momento erede al trono. Nel 1938, anche se la notizia trapelerà molti anni dopo, secondo fonti diplomatiche britanniche la madre, Maria José del Belgio, si sarebbe accordata con Rodolfo Graziani e con il capo della polizia Arturo Bocchini per tentare un colpo di Stato a opera di alcuni reparti delle forze armate, con Pietro Badoglio come comandante in capo, azione che sostituisse Mussolini con un «avvocato milanese antifascista» (probabilmente Carlo Aphel) e costringesse Vittorio Emanuele III ad abdicare in favore di Umberto; Umberto era, a sua volta, d'accordo con la moglie per abdicare subito in favore del piccolo Vittorio Emanuele; la stessa Maria José sarebbe stata nominata reggente del Regno in deroga allo Statuto albertino, fino al compimento dei 21 anni del giovanissimo ipotetico sovrano. Questo presunto complotto, che vedeva d'accordo anche Italo Balbo, l'anglofilo Dino Grandi e l'antitedesco e ambizioso genero del duce Galeazzo Ciano, non andò comunque oltre un incontro preliminare a Racconigi e alcune riunioni a Milano, e Maria José non ne parlerà mai direttamente.

L'abdicazione del nonno e la fuga del padre

Con l'abdicazione del nonno il 9 maggio 1946, divenne principe ereditario. Il 5 giugno, poco dopo le votazioni per il referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946, data l'ostilità dei ministri e dei capi di partito, Umberto II ordinò a Maria José di lasciare l'Italia con i figli, in modo da attendere i risultati delle consultazioni al riparo da rischi per le loro vite. Nella notte tra il 12 e il 13 giugno 1946 il governo, senza attendere la proclamazione dei risultati definitivi da parte della Corte di cassazione (prevista per il 18 giugno), conferì i poteri di capo provvisorio dello Stato al presidente del Consiglio. Umberto, giudicandolo un gesto rivoluzionario[8], decise di lasciare l'Italia nell'intento di evitare ulteriori spargimenti di sangue.

L'esilio

La Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1º gennaio 1948, stabilì per gli ex-sovrani, loro consorti e discendenti maschi di casa Savoia il divieto di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale. Durante l'esilio, conclusosi alla fine del 2002, svolse un'attività di intermediario finanziario, stringendo amicizie e legami d'affari con grandi industriali, in particolare la famiglia Agusta.

Il matrimonio

Dopo un lungo e contrastato fidanzamento durato circa tredici anni, Vittorio Emanuele si sposò con Marina Doria civilmente l'11 gennaio 1970 a Las Vegas e, religiosamente, il 7 ottobre 1971 a Teheran. Già precedentemente, durante il periodo degli studi universitari, a causa della sua condotta, aveva da tempo smesso di ricevere l'appannaggio stabilito da Umberto II per i propri figli, mentre dopo le nozze venne stabilita l'equa ripartizione dell'eredità paterna tra tutti i figli, contrariamente all'originaria decisione di Umberto II di assegnare una quota maggiore al figlio, in quanto suo erede dinastico.

Il rientro in Italia

Vittorio Emanuele ha vissuto in Svizzera, a Ginevra, fino al 2002, quando venne abolita la norma costituzionale che obbligava gli eredi maschi di casa Savoia all'esilio. Nel 2002, con un comunicato emesso da Ginevra, prese ufficialmente le distanze dalle leggi razziali, per la prima volta nella storia di casa Savoia. Sempre nel 2002 furono pubblicate dichiarazioni in cui accettava la fine della monarchia. Nello stesso anno, dopo l'abolizione dell'esilio, insieme con il figlio giurò per iscritto e senza condizioni fedeltà alla Costituzione repubblicana e al presidente della Repubblica, rinunciando in tal modo esplicitamente a qualunque pretesa dinastica sullo Stato italiano.

La richiesta di risarcimento

Nel novembre 2007 ha richiesto allo Stato italiano 260 milioni di euro come risarcimento per l'esilio, oltre alla restituzione dei beni privati confiscati dallo Stato nel 1948, sulla scorta di quanto avvenuto per altri membri di famiglie reali europee costrette all'esilio.

Tale richiesta contraddice ciò che Vittorio Emanuele dichiarò con una lettera alla Camera l'8 luglio 2002. Nel gennaio/febbraio del 2022, ha deciso insieme alle sorelle e al figlio di chiamare in causa lo stato italiano per la restituzione dei gioielli di famiglia Savoia custoditi dalla Banca d'Italia.

L'omicidio di Dirk Hamer 

Il 18 agosto 1978, sull'isola di Cavallo (Corsica), ci fu una sparatoria a seguito del furto del gommone di Vittorio Emanuele da parte di conviviali del chirurgo/playboy Nicky Pende. Vittorio Emanuele sparò due colpi di carabina. L'ipotesi d'accusa, sulla base della quale fu in seguito arrestato, fu che uno dei proiettili avesse colpito la coscia dello studente tedesco di 19 anni Dirk Geerd Hamer, figlio di Ryke Geerd Hamer, che stava dormendo in una barca vicina, il Mapagia della famiglia Leone, e che morì nel dicembre dello stesso anno dopo una lunga agonia. Di ciò, però, non vi fu prova, in quanto la difesa sostenne la presenza di altre persone che avrebbero sparato durante la colluttazione, poi fuggite e mai identificate dalla gendarmeria francese che restituì al proprietario italiano una P38 precedentemente sequestrata; la barca fu fatta smantellare in Sardegna senza che le autorità francesi potessero perquisirla. Anche il calibro e il rivestimento dei proiettili che ferirono il giovane risultarono diversi da quelli in dotazione alla carabina di Vittorio Emanuele (al quale sarebbe stato contestato, senza però addurre alcuna prova, di aver effettuato una sostituzione d'arma). Nel novembre del 1991 fu prosciolto dalla Camera d'accusa parigina dall'accusa di omicidio volontario e condannato a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d'arma da fuoco, "fuori dalla propria abitazione". Il 21 giugno 2006, durante la sua detenzione nel carcere di Potenza, una microspia ha intercettato una sua conversazione in cui ammetteva di aver sparato il colpo alla gamba, vantandosi di essere uscito vittorioso dalla vicenda. Il contenuto della conversazione fu divulgato poco tempo dopo dalla stampa.

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