Sparò al figlio e lo uccise, la Cassazione conferma: 22 anni. Rigettato il ricorso dei legali di Loris Pasquini

Sparò al figlio e lo uccise, la Cassazione conferma: 22 anni. Rigettato il ricorso dei legali di Loris Pasquini
Sparò al figlio e lo uccise, la Cassazione conferma: 22 anni. Rigettato il ricorso dei legali di Loris Pasquini
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Venerdì 26 Gennaio 2024, 03:45 - Ultimo aggiornamento: 12:33

SENIGALLIA Nessuno sconto, nemmeno in Cassazione. Loris Pasquini, l’ex ferroviere 75enne accusato di aver ucciso il figlio Alfredo con un colpo di pistola il 29 marzo 2021 nella loro abitazione di Roncitelli, nel Senigalliese, dovrà scontare 22 anni di reclusione. I giudici supremi, infatti, hanno rigettato la richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Roberto Regni, di riconfigurare il reato, da omicidio volontario a preterintenzionale. Di fatto, è stata confermata la sentenza di secondo grado con la condanna a 22 anni che, comunque, costituisce il minimo della pena perché le aggravanti sono state ritenute equivalenti alle attenuanti.

I fatti

Secondo la ricostruzione dei giudici, lo sparo che raggiunse Alfredo Pasquini, 26 anni, alla base del collo avvenne al culmine dell’ennesima lite domestica scoppiata con il padre, nell’ambito di una convivenza resa ancor più difficile dai problemi psichici del ragazzo che era seguito dal Centro di salute mentale. Il padre ha sempre sostenuto di aver impugnato la pistola per difendersi dagli attacchi del figlio, armato di un bastone chiodato. «Se non avessi sparato mi avrebbe ucciso, era una belva», disse in aula l’imputato. Ma la procura non gli ha creduto: sul corpo del 75enne non sono state trovate lesioni, ad eccezione di un arrossamento sul dorso della mano. Per l’accusa, i litigi non erano a senso unico ed erano incentrati anche su questioni di natura economica. Non ci sarebbe stato né un eccesso colposo di legittima difesa né una natura preterintenzionale dell’omicidio perché lo sparo non sarebbe partito accidentalmente dalla Beretta 34, non più in produzione e fino agli anni Novanta in uso alle forze armate, che Pasquini padre impugnava. Alfredo non morì subito: riuscì a salire in camera per chiamare il 112, implorando: «Correte, mio padre mi ha sparato». Morì prima ancora dell’arrivo del personale sanitario.

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