Maddalena Urbani moriva, non l’hanno aiutata: I giudici: «Maldestri e superficiali»

Maddalena Urbani moriva, non l’hanno aiutata: I giudici: «Maldestri e superficiali»
Maddalena Urbani moriva, non l’hanno aiutata: I giudici: «Maldestri e superficiali»
di Talita Frezzi
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Venerdì 22 Settembre 2023, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 15:03

CASTELPLANIO Se Abdulaziz Rajab e Kaoula El Haouzi avessero tempestivamente chiamato il 118, Maddalena non sarebbe morta. Secondo i giudici della Corte d’Appello i due imputati per il decesso di Maddalena Urbani - la figlia 21enne del medico eroe Carlo Urbani trovata priva di vita nell’abitazione di Rajab, sulla Cassia a Roma, il 27 marzo 2021 a causa di un’overdose di metadone - hanno agito «in maniera maldestra e superficiale». 


Il dispositivo

E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici della prima Corte di Assise d’Appello di Roma lo scorso luglio hanno diminuito la condanna per il pusher siriano Abdulaziz Rajab da 14 a 4 anni e mezzo.

I giudici di secondo grado avevano riqualificato da omicidio volontario con dolo eventuale in omicidio colposo l’accusa per il siriano, mentre l’amica di Maddalena, Kaoula El Haouzi, che era in casa al momento del decesso, è stata condannata a 3 anni, rispetto ai 2 anni della sentenza di primo grado. Per lei i giudici avevano riqualificato l’accusa in omissione di soccorso. Con la sentenza di luglio Rajab, dopo aver trascorso circa due anni in carcere, è tornato libero. «Deve ritenersi che gli imputati, nel non richiedere tempestivamente l’intervento del 118, pur rappresentandosi una situazione di pericolo per la vita di Maddalena Urbani, abbiano agito il Rajab in modo maldestro e la El Haouzi in modo superficiale, ed entrambi in modo colpevolmente inadeguato - si legge nelle motivazioni della sentenza - ma senza aderire psicologicamente all’evento (morte, ndr) nella convinzione, o nella “ragionevole speranza” dettata dallo stato di agitazione e confusione, dalla mancanza delle necessarie conoscenze mediche, dall’inesperienza e dall’affidamento riposto in altri», che la Urbani non sarebbe morta. I giudici di Appello in particolare, evidenziano come Rajab non abbia «in alcun modo contribuito a determinare la situazione di pericolo in quanto l’assunzione di metadone e altre sostanze da parte della Urbani è avvenuta ben prima che con la El Haouzi raggiungesse l’abitazione dell’imputato». Rajab quindi, al momento dell’ingresso delle ragazze nella sua abitazione non era a conoscenza «delle sostanze assunte dalla Urbani - non solo metadone ma anche cocaina, benzodiazepina e alcol - e solo dopo la Urbani avrebbe “farfugliato” che aveva preso un “pochino di metadone”». Inoltre, nel motivare la riqualificazione del reato, i giudici di secondo grado sottolineano come Rajab non rimanga «inerte, si adopera cercando nella prima fase di far riprendere la ragazza…». 

La leggerezza

Quanto all’amica di Maddalena, Kaoula, per i giudici «pur conoscendo le fragilità psicologiche dell’amica - digiuno prolungato di diversi giorni interrotto solo dall’assunzione di vino, gesti di autolesionismo - in una situazione ormai di evidente pericolo, appare più impegnata a chiarire un precedente contrasto con il fidanzato…piuttosto che a prendersi cura dell’amica». «La Corte di Assise di Appello ha riconosciuto in capo ad entrambi gli imputati il ruolo di garanti della vita della povera Maddalena Urbani. Se i due avessero chiamato i soccorsi tempestivamente, Maddalena sarebbe ancora viva», il commento dell’avvocato Giorgio Beni, legale della famiglia Urbani. 

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