Il virus senza cuore: bimba di 15 giorni ricoverata all'ospedale Salesi

Il virus senza cuore: bimba di 15 giorni ricoverata all'ospedale Salesi
Il virus senza cuore: bimba di 15 giorni ricoverata all'ospedale Salesi
di Stefano Rispoli
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Mercoledì 18 Novembre 2020, 05:00

ANCONA  - Problemi respiratori, febbre, inappetenza: sintomi preoccupanti, che hanno spinto i genitori a rivolgersi al Salesi, soprattutto quando hanno scoperto che il Covid circolava già in famiglia. Il tampone ha confermato i sospetti: anche la loro figlioletta è risultata positiva.

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La neonata, venuta al mondo da un paio di settimane, ora è ricoverata nella Tin del Salesi, il reparto di terapia intensiva neonatale altamente specializzato, un’eccellenza della sanità marchigiana, diretto dal professor Virgilio Paolo Carnielli. Le condizioni della piccola, di famiglia italiana, sono in lento miglioramento, ma continuerà ad essere monitorata nelle prossime ore. 

«Fortunatamente i neonati sembrano essere relativamente resistenti all’infezione, ma a loro volta diventano un possibile veicolo del virus - spiega il primario, tra i maggiori esperti nazionali di insufficienza respiratoria neonatale -.

Abbiamo trattato diversi pazienti dall’inizio della pandemia, ma pochi sono stati i casi gravi. Se i sintomi non sono allarmanti si impone un periodo di osservazione e, dopo 48-72 ore di stabilità clinica, se la situazione non evolve in senso negativo, si procede con le dimissioni. La terapia farmacologica subentra in caso di sintomi persistenti come febbre, diarrea, difficoltà respiratoria, ma nella maggior parte dei casi non c’è bisogno». Super neonati più forti del Coronavirus? Sembrerebbe proprio così: è la vita che vince sulla malattia.

«Dall’esperienza che abbiamo maturato, pare che il virus abbia scarsa capacità di penetrare nei piccoli pazienti o comunque di provocare complicazioni perché la carica virale è bassa - spiega il professor Carnielli -. Rientra nel trend generale: più si scende con l’età e più aumenta la resistenza. Eppure abbiamo trattato casi seri, specialmente nella prima ondata della pandemia, legati anche a stati infiammatori delle donne in gravidanza che hanno determinato un aumento dei parti pre-termine o la necessità di indurre il parto anticipato nell’interesse della salute della donna. Senza dimenticare il problema del riavvicinamento, qualora il neonato non risulti infetto». 

Il contagio verticale madre-figlio durante la gestazione resta un fenomeno molto raro. «Quasi sempre la trasmissione del virus nei bambini avviene in famiglia, successivamente alla nascita, ma sono pochi i casi gravi - ribadisce il direttore della Tin del Salesi -. Piuttosto, si pongono problemi di carattere organizzativo, sia in casa, sia nelle strutture sanitarie, per ridurre il rischio di contagio. Nel nostro reparto abbiamo una stanza di isolamento ad hoc, ma non è semplice trattare casi simultanei di pazienti accertati o sospetti, che vanno tenuti separati». Ma quali sono i sintomi che devono far scattare un campanello d’allarme in famiglia? «Nei neonati sono piuttosto specifici - evidenzia Carnielli -: poco appetito, respiro più veloce e affannoso, colorito della pelle meno roseo, diarrea, raffreddore, tosse. E’ sufficiente un tampone, che si effettua anche su bambini di pochi giorni, per escludere il contagio». 

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