«Aiuto, vivo nell’inferno». In casa accanto agli orchi l’isolamento è un horror

«Aiuto, vivo nell’inferno». In casa accanto agli orchi l’isolamento è un horror
«Aiuto, vivo nell’inferno». In casa accanto agli orchi l’isolamento è un horror
di Federica Serfilippi
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Sabato 16 Maggio 2020, 08:25

C’è chi durante il lockdown, esasperato dalla convivenza forzata con il partner, ha chiamato l’avvocato per velocizzare la causa di separazione. C’è chi, invece, ha preso la decisione perentoria di dividersi, già covata prima dell’emergenza, proprio il 4 maggio, con l’allentamento delle misure anti Covid. E poi, c’è il capitolo violenza domestica: 18 le vittime che durante la Fase 1 si sono rivolte telefonicamente alle operatrici di Donne e Giustizia, l’associazione che da anni offre sostegno alle persone che subiscono abusi fisici o psicologici.

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E sono cinque gli ammonimenti orali emessi dal questore Giancarlo Pallini nei confronti di uomini violenti denunciati dalle loro partner dopo la richiesta di aiuto inoltrata alla Squadra Mobile. «Durante il lockdown, dopo due settimane di blocco totale – racconta l’avvocato Roberta Montenovo, presidente di Donne e Giustizia - abbiamo ricominciato a ricevere richieste di aiuto. Sono 18, in totale, i nuovi casi trattati nella Fase 1, vittime che hanno chiamato da tutta la provincia dorica. Si tratta di casi di violenza magari già presenti prima, ma esplosi durante la convivenza H24. Se prima dell’emergenza alcuni episodi potevano essere giudicati dalla maltrattata gestibili o comunque erano diluiti nel tempo perché si viveva in un contesto di normalità, con la quarantena s’è potuta creare una recrudescenza: si sono intensificate alcune situazioni che con l’isolamento per le vittime sono diventate insostenibili».


 
Non tutte sono arrivate alla denuncia. Quasi sempre, il primo contatto con l’associazione è per chiedere supporto psicologico e informazioni su come comportarsi con il partner. Dall’inizio dell’anno e fino all’11 maggio, Donne e Giustizia ha trattato 51 nuovi casi, un aumento del 10% rispetto al 2019. Lo sportello è tornato fruibile, su appuntamento, lo scorso lunedì, grazie anche alle donazioni ricevute da altre associazioni. Alcune vittime per chiedere aiuto hanno dovuto utilizzare degli escamotage, tipo «approfittare dell’uscita per la spesa per chiamare e raccontare la situazione che stavano vivendo. In un caso - racconta l’avvocato Laura Versace – ho sentito proprio il timore di parlare al telefono. Tra i consigli che ho dato: registrare il contatto dell’avvocato con un altro nome e cancellare le chiamate». 

Sembrano essere aumentate anche le richieste di separazioni: «Per due persone che hanno deciso di prendere strade diverse – continua Versace - vivere H24 sotto lo stesso tetto può essere esasperante. Due partner che avevano iniziato a pensare alla separazione, si sono decisi proprio nel bel mezzo del lockdown». L’avvocato Marco Chiarugi ha ricevuto chiamate a partire dal 4 maggio: «Per informazioni sui tempi della separazione, in almeno tre casi si è trattato di situazioni già incrinate prima dell’emergenza e poi amplificate con la quarantena, dove si è vista la necessità di dire stop e rivolgersi a un avvocato».

La convivenza forzata ha portato a velocizzare una decisione già insita. «Ho ricevuto molte chiamate – dice il legale Federica Battistoni – da parte di coppie che hanno deciso di prendere strade diverse. Con l’isolamento, le situazioni di disagio sono esplose».

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