ANCONA «È aberrante che una ragazzina non possa andare a scuola». Interviene così la neo direttrice dell’Ufficio scolastico regionale, Donatella D’Amico, sul caso di bullismo che al liceo Rinaldini ha coinvolto una 14enne del primo anno: insultata, schiaffeggiata e bruciata sulla guancia con la sigaretta da una ragazzina di un anno più grande. A bloccare il ritorno in aula della vittima non solo i 5 giorni di prognosi riconosciuti dai medici dell’ospedale. È soprattutto il terrore di trovarsi faccia a faccia con la bulla a spaventarla e negarle la libertà. Per questo, si profila per la 14enne - nel caso lo volesse - un periodo in Dad. E la bulla, almeno per ora, rimane regolarmente in classe.
I provvedimenti
Quanto successo tra le alunne del Rinaldini è ovviamente stato segnalato alla direttrice dell’Usr. «Si tratta di una situazione delicata - ha detto la D’Amico - che ci mette di fronte alla necessità di intervenire su un doppio binario.
La sfida
Secondo la direttrice, «l’impegno della preside sarà quello di avviare un percorso di rinascita». Una rinascita che sa tanto di sfida, perché l’obiettivo è anche quello di far rientrare la bulla in un percorso rieducativo e di riconciliazione con la sua vittima.
La famiglia della 15enne, dell’inizio dell’anno scolastico, è già stata convocata tre volte. Sintomo che qualcosa non va e deve essere risolto prima che la situazione precipiti ulteriormente. Domani, il Consiglio di classe dovrà valutare il gesto compiuto dalla bulla per prendere eventuali provvedimenti. «Si dovrà anche attivare con ogni misura- dice la D’Amico - per supportare e accompagnare l’altra studentessa, che non deve aver paura di andare a scuola». A scuola ci sono anche gli “orientatori”, docenti formati per portare i ragazzi a intraprendere «un progetto di vita».
Le ipotesi
Il Consiglio di classe potrà portare la questione a un livello superiore, il Consiglio di istituto se la situazione dovesse essere ritenuta molto grave. Sotto il profilo disciplinare, la 15enne rischia almeno la sospensione. «Espulsione? Significherebbe traslare il problema da una scuola all’altra - afferma la direttrice Usr - e condannare la ragazza alla dispersione e alla rinuncia agli studi. Speriamo che le rispettive famiglie possano collaborare nella condivisione delle regole e si riesca a trovare una conciliazione». La sfida, quella più grande.
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