Infermiera perseguitata, condanna bis per lo stalker seriale. «Le mie figlie lo chiamavano l'uomo cattivo»

L'avvocato Roberta Di Martino ha assistito la vittima di stalking
L'avvocato Roberta Di Martino ha assistito la vittima di stalking
di Stefano Rispoli
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Giovedì 4 Novembre 2021, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 08:51

ANCONA - Arriva la seconda condanna per lo stalker seriale che ha reso la vita un inferno ad un’infermiera di Torrette e al compagno di lei. Il 66enne anconetano, residente a Borgo Rodi, nell’ambito del processo-bis è stato condannato ad un altro anno (con tanto di revoca della sospensione condizionale della pena e obbligo di risarcire le due parti civili) in continuazione con la precedente sentenza del tribunale con cui gli erano stati inflitti 18 mesi di detenzione.

Il secondo processo era stato incardinato nel dicembre scorso perché, secondo l’accusa, lo stalker avrebbe continuato a perseguitare la vicina di casa, un’infermiera romena di quarant’anni, e a minacciare suo marito, nonostante il tribunale l’avesse già dichiarato colpevole per fatti avvenuti nel 2014 quando, in preda all’ira, sarebbe arrivato ad infrangere con una mattonata il lunotto posteriore dell’auto della vittima.

La donna e il marito, assistiti dall’avvocato Roberta Di Martino, lo denunciarono di nuovo all’inizio del 2016 per le reiterate minacce rivolte all’uomo («Ti spacco la faccia», gli avrebbe urlato un giorno), per gli atteggiamenti aggressivi e intimidatori, ma anche per un nuovo episodio di danneggiamento: nel gennaio 2016, infatti, la coppia trovò l’auto, parcheggiata nel cortile condominiale, con le portiere rigate.

Per l’infermiera, che nel 2014 fu costretta a cambiare il turno di lavoro all’ospedale di Torrette perché, rientrando a casa la sera, aveva paura di incrociare il vicino, anche andare al parco con le bambine era diventato impossibile: le figlie scoppiavano in lacrime alla vista di quello che chiamavano “l’uomo cattivo”, lo stesso che hanno visto minacciare i genitori con frasi di stampo razzista («Vi ammazzo tutti a voi stranieri») o insultarli toccandosi gli attributi, in segno di sfida. Nel processo-bis lo stalker seriale ha rimediato una seconda condanna: un anno di detenzione, revoca della sospensione condizionale e obbligo di risarcire le due vittime. 

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