All'ex Busco tra sbandati e sporcizia, il tour dell'orrore degli ambientalisti. Il titolare: «Il Comune mi deve 18 milioni»

I rifiuti sommergono l'ex Extasy di Busco
I rifiuti sommergono l'ex Extasy di Busco
di Michele Rocchetti
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Mercoledì 30 Marzo 2022, 07:10

ANCONA - Era il tempio del wellness. È diventato un rifugio per sbandati e senza tetto. Dopo dieci anni di abbandono il Centro Busco, conosciuto ai più come Extasy, nome del centro benessere che ospitava, è ormai soltanto un simulacro di quello che fu, sommerso da degrado e sporcizia. Nell’attesa che possa rinascere a nuova vita, grazie agli svariati milioni che il Comune dovrà quasi certamente versare al proprietario, si pone il problema della presenza di questa bomba ecologica collocata proprio nel cuore della Baraccola. L’ultimo tour dell’orrore è stato effettuato alcune sere fa dai Gruppi Ricerca Ecologica Marche, impegnati in un monitoraggio del quartiere. 


«Quando ci troviamo davanti a ciò che rimane della struttura - è il loro racconto - la luna illumina la fatiscente costruzione, completamente circondata da erba alta e ogni genere di rifiuti. Giriamo intorno e troviamo delle porte sfondate: chiunque può accedervi. Ci avviciniamo e subito vediamo dei grossi ratti fuggire davanti a noi». Gli ambientalisti però non desistono e decidono di affacciarsi cautamente in quella che appare loro come un’altra dimensione. «Nell’interno scorgiamo ancora rifiuti, soffitti mezzi crollati, pozzanghere, inquietanti scritte sulle pareti che richiamano culti satanici». Saranno soltanto burloni o qualcosa do peggio? Si chiedono. «A questo punto sentiamo dei rumori provenienti forse dal piano di sopra». Mentre fanno il giro della piscina, tra rifiuti, vegetazione incolta e porte sfondate, i rumori continuano. «Sembra quasi che qualcuno ci stia controllando nascosto nell’ombra». Decidono perciò di fare dietro front, e uscire. 
«Esiste una reale situazione di degrado e di pericolo – è la loro conclusione .

Il tutto a poche decine di metri da un importante centro commerciale, da una zona riservata ai camper e da un panificio. Guardare dall’altra parte non è possibile. Va fatto qualcosa subito per garantire la sicurezza, l’igiene e il decoro». In realtà Roberto Busco per anni, dopo la chiusura, ha tentato di tappare le falle innalzando recinzioni e sprangando le porte di ingresso: «Ma più chiudevamo, più rompevano. Abbiamo fatto decine di denunce ai carabinieri. A un certo punto neanche loro sapevano più cosa fare». Così alla fine si sono portati via ogni cosa, pure i cavi, e la struttura è stata completamente devastata. Ora l’unica soluzione rimane la ripartenza, che Busco spera di poter effettuare con i soldi del risarcimento che attende dal Comune. Il complesso venne infatti chiuso nel 2012 perché il Comune contestava la destinazione a uso commerciale di alcune parti della struttura e presunte carenze sui permessi antincendio e di agibilità. Ma i giudici hanno sempre dato ragione a Busco, che ora reclama 18 milioni di euro: «Ci siamo limitati ai costi di ripristino e ai mancati introiti, con l’aggiunta degli oneri fiscali, visto che nel frattempo abbiamo dovuto continuare a pagare l’Imu. Costi e oneri che sono lievitati col passare del tempo. Se il Comune nel 2014 avesse rinunciato al ricorso al Consiglio di Stato le cifre sarebbero state molto inferiori». L’ultima udienza è stata a dicembre e Busco spera possa arrivare la sentenza definitiva entro l’estate.

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