Mascherine bluff, in due rischiano il processo: tremano il presidente di una casa di riposo e un imprenditore

Mascherine sequestrate dalla Guardia di Finanza
Mascherine sequestrate dalla Guardia di Finanza
di Federica Serfilippi
3 Minuti di Lettura
Martedì 31 Agosto 2021, 06:55

ANCONA - Una partita di dispositivi di protezione individuale privi – secondo la procura - delle certificazioni richieste o recanti il marchio CE contraffatto. È quella che nel corso della prima ondata di pandemia da Covid sarebbe stata distribuita a farmacie, medici, case di riposo e centri diagnostici del nostro territorio.

Si trattava di oltre 86mila pezzi, tra mascherine protettive e guanti in lattice, prodotti stoccati – stando all’indagine portata avanti dal pm Marco Pucilli – in un deposito utilizzato dalla Fondazione Recanatesi, nata ad Osimo nel 2005 per gestire ed erogare servizi assistenziali e socio-sanitari a ciclo residenziale e semi residenziale a favore di persone anziane in condizioni di autosufficienza e non autosufficienza. 
Al presidente della Fondazione, il dottor Iacopo Bellaspiga, la procura ha fatto recapitare nei giorni scorsi l’atto di conclusione delle indagini preliminari dove l’ipotesi di reato è concorso in frode in commercio. Un’accusa condivisa con un imprenditore friulano, Marco Cordovado, titolare della ditta – secondo quanto emerso nel corso delle indagini – a cui si era rivolto Bellaspiga per la fornitura dei dispositivi di protezione. L’accertamento dei presunti illeciti risale al luglio dello scorso anno, durante un controllo eseguito in varie strutture dai militari della Guardia di Finanza. Le accuse: la procura contesta all’imprenditore di aver fatto arrivare 86.609 pezzi (tra mascherine e guanti) nel magazzino messo a sua disposizione dal presidente della Fondazione, il quale avrebbe poi distribuito i prodotti a varie realtà del territorio. 
I dispositivi di protezione, per gli inquirenti, avrebbero avuto il marchio CE o certificazioni false, oppure non avrebbero riportato per niente le dovute attestazioni.

Tra le strutture in cui sarebbero stati distribuiti i prodotti, ci sono farmacie, centri diagnostici, comunità, case di riposo e complessi assistenziali. Bellaspiga è difeso dagli avvocati Gabriele Galeazzi e Giovanni Orciani. «Il presidente – ha detto il legale Orciani – si era adoperato per cercare di ottenere i presidi di cui c’era urgenza. Ha trovato un contatto e poi ha messo a disposizione un locale dove stoccarli e distribuirli a chi ne aveva bisogno. Era totalmente inconsapevole che la certificazione potesse essere corretta o meno. Inoltre, in quel periodo emergenziale, non era neanche chiara la normativa sulle dovute marcature». Di certo, c’è che nel primo periodo pandemico, il Ministero della Salute aveva anche dato il via libera per l’utilizzo di dispositivi filtranti privi del marchio CE, a causa della mancata reperibilità di mascherine in quantità importanti. Sempre allo scorso anno risalgono diverse operazioni della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Dogane per bloccare dispositivi illeciti, molti dei quali intercettati al porto di Ancona. Un maxi sequestro aveva permesso, per esempio, di mettere sotto chiave nell’agosto del 2020 10mila mascherine che non riportavano sulla confezione il reale luogo di fabbricazione dei prodotti. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA