Dai grandi film al degrado, il Supercinema Coppi finisce all'asta: offerte fino al 15 marzo. «Speriamo in una svolta»

Il Supercinema Coppi è finito all'asta
Il Supercinema Coppi è finito all'asta
di Maria Cristina Benedetti
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Giovedì 3 Marzo 2022, 09:00

ANCONA - La corsa-simbolo lungo il viale della Vittoria passò per quel grande schermo. La prima nazionale della “Stanza del figlio”, girato ad Ancona da Nanni Moretti, accese i riflettori sul Supercinema Coppi, nel 2001, con un pienone, alla presenza del regista e interprete.

Un’unica gradinata e 550 posti a sedere: poco dopo l’inaugurazione, alla fine degli anni ‘90, nella grande sala che si apriva in corso Carlo Alberto 72, la società Amici della Musica “Guido Michelli” tenne un memorabile concerto di Uto Ughi. Il maestro, che si esercita con la disciplina di un atleta per avvicinarsi alla verità musicale, rimase colpito dalla qualità dell’acustica in quel luogo in cui i sogni, proiettati sullo schermo, prendevano vita.


Spazi della memoria, inchiodati a un presente logorato dal tempo.

Il Coppi divenne un contenitore vuoto e dal destino incerto: gli ultimi titoli di coda sfilarono nel 2008. Il punto di riferimento per gli appassionati della settima arte si trasformò in un buco nero, nel quale finì anche il progetto che prevedeva la realizzazione di 26 appartamenti, di cui due da 110 metri quadrati. Il cinema avrebbe dovuto lasciare il posto a sei piani di abitazioni per l’edilizia convenzionata, ma la pratica non è mai andata avanti. Da supercinema a scatolone vuoto e degradato, destinato al fallimento, ora punta a un salvataggio legato alla migliore offerta. La sala, che era tra le più qualificate della città sotto il profilo tecnico, finisce all’asta. Sulla serranda d’ingresso un cartello non ammette repliche: il 15 marzo a mezzogiorno scadranno i termini per presentare le offerte. Si parte da una base di 450mila euro per poco più di mille metri quadrati. Un passaggio che potrebbe rappresentare il preludio d’una rinascita. Il riscatto per un quartiere dove la vita è scandita dal fascino della diversità. Multietnica nel cuore, negli odori che la pervadono, negli sguardi che l’attraversano.


Passava per quella strada larga e alberata, Federica Goffi. E ci passa ancora. Da giovane fornitrice di bar e ristoranti di Ancona ha ben chiare le coordinate. «Questa via la frequento, la conosco. Il Coppi? Ricordo di averci visto “Men in black”. Quando chiuse lasciò un vuoto. Sì, speriamo in una svolta». Gioia Graziosi gestisce il bar accanto, dal 2017. «Un buco nero, da troppo tempo». La mascherina che indossa dà risalto ai suoi occhi, che sembrano accendersi di immagini spensierate: «Ero alle medie, lì vidi Gallo cedrone». Come dimenticare l’irresistibile Carlo Verdone? «Nel quartiere mi trovo bene, mai avuto problemi. I miei clienti sono tutti gentili». Per lei il risorgi-Piano è già realtà.


L’impalpabile incanto delle stoffe, l’abilità di farvi scorrere forbici, ago e filo. Matteo Duca nella sua fantasiosa bottega mescola con sapienza riparazione e creazioni. «Spero che apra un locale che porti gente oppure, nel caso siano abitazioni, che vengano pensate per un certo tipo di persone». È in linea: «Bel quartiere, ho aperto otto anni fa. Qui di baby-gang non ne vedo e le forze dell’ordine garantiscono la continuità dei controlli. Fa comodo dire che al Piano le cose non vanno, così non si investe in iniziative ed eventi, che si fanno altrove». Ripete, convito: «Bella zona. Il mio negozio è frequentato da stranieri e italiani, metà e metà». La metafora fashion di chi è in cerca di riscatto.


La vetrina, ampia, garantisce una vista a tutto campo dei locali essenziali e illuminati: assistenza informatica è la promessa per chi vi entra. È lì da vent’anni, Lorenzo Vescovi, uno dei due soci. «È un bene che qualcosa si muova per il Coppi. Si sono fatte cento ipotesi sulla sua destinazione finale, ma non ne sappiamo nulla». Smanetta sul cellulare d’un cliente e si lascia andare a una riflessione. «La zona è cambiata negli anni, ma non è male». Sì, risorgi, Piano. In fretta.

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