Morì nel naufragio, che beffa per i familiari di Jesi: costretti a pagare le spese del processo

Morì nel naufragio, che beffa per i familiari: costretti a pagare le spese del processo
Morì nel naufragio, che beffa per i familiari: costretti a pagare le spese del processo
di Federica Serfilippi
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 13:50

ANCONA -  Un risarcimento che ancora non si è visto e, adesso, una cartella esattoriale dove lo Stato batte cassa, chiedendo 20mila euro per le spese di giudizio. È un’odissea quella che stanno passando i familiari di una vittima del naufragio della Katër i Radës, la nave albanese che affondò nel canale di Otranto dopo lo scontro con una corvetta della Marina Militare Italiana, che cercava di fermare la rotta dei migranti. Era il 28 marzo del 1997: persero la vita 81 persone, furono ritrovati soltanto 57 corpi e ne risultarono dispersi 24. Tra le vittime c’era un giovane di appena vent’anni, Lirim Bulla.

 
La battaglia


I quattro fratelli, tre dei quali residenti oggi a Jesi, hanno iniziato una battaglia giudiziaria per ottenere il risarcimento.

Finora, un nulla di fatto. In sede penale si è arrivati, nel 2014, alla sentenza definitiva: condannato il comandante della corvetta Sibilla e il Ministero della Difesa, chiamato come responsabile civile. Il risarcimento danni ammontava a più di 2 milioni di euro. Per far ottemperare lo Stato al pagamento, è stato incardinato un procedimento civile, a cui hanno partecipato i fratelli della vittima. Si è arrivati, lo scorso ottobre, alla sentenza della Corte d’Appello di Lecce. Che ha confermato il verdetto di primo grado: gli eredi vanno risarciti. È stata stabilita dal collegio dei giudici una somma di circa 100mila euro ciascuno, praticamente il quadrupolo di quanto era stato deciso in primo grado nel 2020 (non erano però stati conteggiati gli interessi) Quasi sicuramente, il comandante della corvetta della Marina e il Ministero della Difesa arriveranno fino all’ultimo grado di giudizio. 


Ma, nel frattempo, è accaduto un particolare che sa di beffa per chi invece dovrebbe essere risarcito. Ai quattro fratelli, che per risolvere l’inghippo si sono rivolti all’avvocato anconetano Andrea Nobili, è arrivata una cartella esattoriale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Lo Stato chiede ai parenti della vittima della “Strage del Venerdì Santo” di pagare le spese relative al giudizio di primo grado in sede civile. In particolare, si chiede loro di versare 20mila euro, somma che deve coprire le spese per la registrazione della sentenza. Soldi che i quattro albanesi non ritengono giusto di dover pagare.


L’istanza


Nobili si è rivolto con un’istanza al Garante del Contribuente della Puglia, facendo notare «l’anomalia della situazione erariale», essendo soccombente, per quanto li riguarda, il Ministero della Difesa. Stando alla versione difensiva, insomma, le spese processuali sarebbero spettate allo Stato e non a chi, finora, ha vinto le cause fino al secondo grado di giudizio. Il Garante ha già chiesto chiarimenti all’Agenzia delle Entrate. 

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