Carlo Mazzone, l'ultima confessione: «La mia sfida ora? Non incespicare, le gambe ormai traballano». Domani il funerale nella sua Ascoli

La famiglia ha chiesto massima riservatezza

Carlo Mazzone, storia di un mito
Carlo Mazzone, storia di un mito
di Mario Paci
4 Minuti di Lettura
Domenica 20 Agosto 2023, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 16:18

ASCOLI Alle 15 di ieri, nella sua abitazione in zona Monteverde sulle colline di Ascoli, è morto Carlo Mazzone, 86 anni compiuti il 19 marzo scorso, uno degli allenatori più amati d’Italia. Mezz’ora prima se ne era andato Francesco Scorsa, altro ex bianconero, suo pupillo. Con Carlo Mazzone si chiude un’altra epopea del calcio fatta di allenatori veraci e passionali (chi non ricorda la sua corsa sotto la curva orobica in quella storica gara Brescia-Atalanta del 2001), prima uomini e poi tecnici. Con le sue 792 panchine in massima serie è l’allenatore che detiene il record della serie A: un primato strappato a Nereo Rocco, difficile da eguagliare visto il distacco sugli altri tecnici in attività. In carriera ha ottenuto importanti riconoscimenti professionali come il Premio Bearzot e la Panchina d’oro.

 
 


I campioni ritrovati


Ha riportato allo splendore calciatori brillanti che avevano perso luce (Roberto Baggio e Pep Guardiola), difeso e valorizzato talenti come Francesco Totti che senza di lui non sarebbe diventato il Re di Roma. Un maestro di vita oltre di calcio.

Fino all’ultimo gli è stato vicino l’inseparabile moglie Franca. Lascia i figli Sabrina e Massimo, gli amati nipoti Vanessa, Alessio e Iole e l’ultimo arrivato Cristian (era diventato bisnonno). Su Carlo Mazzone sono stati scritti libri, girati documentari, ha recitato anche in un film con Lino Banfi e ricostruire la sua lunga carriera è come forzare le sue arcigne difese. Da 16 anni non allenava più ma ai suoi allievi, a cominciare da Pep Guardiola per proseguire con Claudio Ranieri, Walter Novellino, Andrea Mandorlini, Peppe Iachini, Leonardo Menichini, Enrico Nicolini, solo per citarne alcuni, continuava a dispensare consigli e suggerimenti. Il credo mazzoniano («prima l’uomo, poi il calciatore») si perpetua ora sulle panchine d’Italia e d’Europa. L’ultima apparizione in pubblico risale a fine ottobre per un docufilm su di lui. «Alzarmi dal letto e guardare dove metto i piedi per non incespicare è la mia sfida quotidiana. Le mie gambe iniziano a traballà» ci aveva confessato. 


L’accoglienza ostile


Mazzone aveva iniziato la carriera nelle giovanili della Roma («a me piace il colore rosso, mi dà energia»). L’esordio in serie A il 31 maggio 1959 in Fiorentina-Roma (1-1), poi il passaggio con la Spal con scarsa fortuna e la cessione all’Ascoli in serie C. Oggi tutti ricordano come Mazzone come il più grande allenatore dell’Ascoli (a lui è dedicata una tribuna dello stadio) ma all’inizio non fu accolto bene dai tifosi. Anzi. I tifosi bianconeri, in particolare quelli di Borgo Solestà, avevano come idolo Giuliano Torelli e temevano che con l’arrivo di Mazzone finisse in panchina se non addirittura ceduto. Ci fu una sommossa popolare tanto che di notte alcuni tifosi si introdussero nello stadio e segarono i pali. Obiettivo: non fare giocare l’Ascoli che aveva preso Mazzone, «il romano!». «Quando arrivai ad Ascoli e seppi quello che era successo pensai: “Annamo bene, tanto qui resto a giugno e poi me ne vado”» ha sempre ripetuto come un mantra Mazzone. Il problema fu risolto dal mister: insieme in campo. Doveva andare via da Ascoli a giugno, ci è rimasto a vivere fino a ieri pomeriggio .


I derby 


Mazzone ha disputato numerosi derby ma nei suoi ricordi ha sempre fissato quelli con la Samb, accesissimi. I rossoblù avevano un trascorso blasonato. L’Ascoli sotto la presidenza di Del Duca e poi di Rozzi stava facendo il grande salto. Carlo Mazzone ne ricorda uno in particolare: quello che gli cambiò la vita. «Era il 3 marzo 1968 e al Del Duca si giocava Ascoli-Samb. Feci un cosiddetto fallo tattico su Urban ma a farmi male fui io. Mi ruppi la tibia e capì che la mia carriera era finita». Ma da quel giorno iniziò quella più brillante di allenatore. E Rozzi gli diede una garanzia: «Carlè, se l’Ascoli non fa punti ti assumo nella mia impresa di costruzioni». Una stretta di mano che valeva più di cento contratti. Tempi e uomini che non ci sono più. Oggi non si rispettano nemmeno le clausole.

Numerosi gli attestati di cordoglio pervenuti alla famiglia Mazzone che ha chiesto però la massima riservatezza. I funerali di Carletto Mazzone saranno celebrati nella chiesa di San Francesco, in piazza del Popolo domani alle 16,30.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA