Lo Verso con “Apologia di Socrate” all’anfiteatro romano di Urbisaglia: «La calunnia, venticello leggero»

Lo Verso con “Apologia di Socrate” all’anfiteatro romano di Urbisaglia: «La calunnia, venticello leggero»
Lo Verso con “Apologia di Socrate” all’anfiteatro romano di Urbisaglia: «La calunnia, venticello leggero»
di Chiara Morini
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Venerdì 14 Luglio 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 12:55

URBISAGLIA - Un testo e una storia quanto mai attuali, quelli dell’“Apologia di Socrate” (adattamento e regia di Alessandra Pizzi), saranno declamati da Enrico Lo Verso domenica, 16 luglio, all’anfiteatro romano di Urbisaglia (ore 21,15), nell’ambito della rassegna Tau, Teatri antichi uniti, promossa da Amat. Nell’ambito della serata anche la visita al parco archeologico Urbs Salvia e dinner Tau (info: 0733506566). Lo spettacolo andrà in scena anche il 5 agosto al parco Miralfiore di Pesaro (info: 0712072439).
Enrico Lo Verso, come nasce lo spettacolo?
«Lo spettacolo nasce da un’idea di Alessandra Pizzi, con cui ho già fatto altri lavori. Lei ha la passione per i classici, e quindi è arrivato anche questo testo dell’Apologia. Chiaramente i classici sono da me condivisi diversamente rispetto a lei, ma sono comunque meravigliosi». 


Perché raccontare l’Apologia di Socrate? 
«Beh certamente il tema centrale è quello della calunnia, che appare come un venticello leggero, che può metterci un attimo a distruggere la vita di una persona. Come, è presto detto: basta raccontare una storia o più storie che siano verosimili e credibili e si distrugge la storia personale di una persona, che magari avrebbe potuto dire molto o avere anche influenza. Chiaramente quello di Socrate è un esempio grande, di tanti personaggi che portano la gente a ragionare con la propria testa, a lui non interessa la pena». 
Resta coerente con se stesso? 
«Diciamo che ha scelto di non tradire i propri ideali».
Platone qui sembra essere stato quasi un visionario, è d’accordo?
«Alcune sue affermazioni che avevo studiato al liceo, sembrava che lo inducessero a portare l’acqua al suo mulino, o ad altre cose. Con gli anni poi, ho imparato, rileggendo i testi da adulto con la coscienza e l’utopia, che l’arte e la cultura sono importanti e migliorano la vita». 
Anche il testo è molto attuale…
«C’è qui un paradosso teatrale: Alessandra Pizzi affida il ruolo centrale a Socrate che fa la sua personale arringa e ti fa riflettere in modo freddo. Poi in scena ci sono anche altri personaggi, accusatori, giudici, difensori e compagni che rappresentano diverse situazioni, che potrebbero capitare nella vita».
Il teatro oggi è ancora in grado di diffondere messaggi? 
«Ritengo di sì. Il teatro deve assurgere al ruolo che aveva nella nostra infanzia, ovvero raccontare storie nelle quali ci sono elementi di paura e di etica, che vanno affrontati con la metafora. Il teatro è questo, deve essere questo, deve allontanare dalle preoccupazioni».
Quindi c’è ancora spazio per un teatro di qualità? 
«Anche qui rispondo di sì. Vede, quando ho fatto “Uno nessuno centomila”, altro classico che Pizzi ha adattato da Pirandello, pensavo che l’avremmo rappresentato solo per un paio di settimane, e invece siamo ancora a farlo, dopo circa 500 repliche, con diverse persone che tornano e che dicono che lo rivedrebbero ancora. Dopo lo spettacolo chiedo di lasciare un pensiero, un foglio, e uno di questi, tempo fa, diceva che “Dopo tanto tempo c’era la necessità”. C’è bisogno di un teatro che ti faccia pensare».
Anche tv, cinema, come il teatro, riescono a far riflettere?
«Certo, ci riescono, la prova ce l’ho su alcuni film fatti anni fa».
Nuovi progetti?
«Intanto penso a questa estate, che in 28 giorni mi porterà in 24 città diverse con 4 spettacoli diversi. È quasi un frullato neuronale e poi ci sono tante altre cose in ballo, ma ci vuole del tempo».

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