“The present is not enough”, la prima italiana a Pesaro. «Guardiamo al passato in modo fantascientifico»

“The present is not enough”, la prima italiana a Pesaro. «Guardiamo al passato in modo fantascientifico»
“The present is not enough”, la prima italiana a Pesaro. «Guardiamo al passato in modo fantascientifico»
di Elisabetta Marsigli
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Sabato 18 Febbraio 2023, 05:00

Molta la curiosità e l’attesa per la prima italiana di “The present is not enough” (Il presente non è abbastanza), il progetto di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo, in scena insieme a Giacomo AG, Tony Allotta, Gabriele Lepera, Fede Morini, Ondina Quadri, in programma oggi alle 19 e alle 21, nella Chiesa del Suffragio di Pesaro (Centro Arti Visive Pescheria), nell’ambito di TeatrOltre. Silvia Calderoni è attrice, performer e autrice, Ilenia Caleo è performer, attivista e ricercatrice: il loro incontro avviene nel 2012 al Teatro Valle Occupato in Animale politico project di Motus. Insieme, danno vita a un progetto comune tra residenze artistiche, atelier di ricerca e performance.

 
La ricerca


«Io e Silvia arriviamo da un percorso legato al teatro di ricerca: un lavoro difficilmente catalogabile, a metà tra danza e teatro, molto performativo. - spiega Ilenia Caleo - Il nostro lavoro parte da materiali diversi, su un immaginario mondo che è incrocio di varie cose». Questo spettacolo nasce quindi dalle suggestioni ricavate da alcuni testi, tra cui “Cruising Utopia. L’orizzonte della futurità queer” di Josè E. Munoz e “Città sola” di Olivia Lang: «Il titolo dello spettacolo è in inglese perché la frase “Il presente non è abbastanza” è quella che conclude il secondo capitolo del testo di Munoz, - prosegue Ilenia - un autore cubano che ha lavorato moltissimo, effettuando diversi, studi sulla scena teatrale e sulla soggettività degli artisti di New York».


Le comunità gay


Tutto parte dagli anni ’70, quando i moli abbandonati del porto di New York si erano trasformati in punti di ritrovo per la comunità gay, ma anche di tutta la scena artistica sperimentale e off. «Esistono foto scattate non come documentazione, ma dagli stessi protagonisti. - racconta Ilenia - Corpi nudi che prendono il sole: un’idea di estetica del collasso in luoghi che oggi è difficile immaginare: enormi aree abbandonate, rioccupate in maniera libera.

Questa è la traccia su cui si intreccia il lavoro, per arrivare al batuage, la pratica di incontri per scambi sessuali non a pagamento, esclusivamente utilizzati dalla comunità maschile, nella dimensione urbana. Per noi donne sono luoghi pericolosi e non esistono luoghi simili per noi, mentre negli anni ’70 la sessualità era molto più aperta. L’Aids ha spazzato via tutto e molti sono diventati attivisti. Ciò che abbiamo fatto quindi è stato guardare il passato in modo fantascientifico, come se fosse un futuro possibile. Ci interessava anche la congiuntura tra arte e lotte per i propri diritti, ovvero come la dimensione artistica ne prenda l’identità». 


Uno sguardo legato ad un immaginario: «L’abbiamo letta in termini coreografici, una dimensione corporea in una relazione molto forte con il pubblico che è disposto sui 3 lati della scena: a seconda di dove sei seduto hai una prospettiva diversa». Secondo Ilenia non c’è il rischio di una contaminazione politica dell’arte: «Per noi la scena è spazio anche di agitazione politica, ma non tanto per gli argomenti che tocca: l’arte diventa politica quando inventa dei nuovi modi di vedere. Quel “presente che non è abbastanza” permette una immaginazione continua. Pensi allo sviluppo della danza contemporanea, la riflessione dei corpi in scena: corpi che parlano, molto diversi dall’idea che si aveva della “ballerina”. La forza dell’arte è potente quando rende le cose molto più intuitive, poetiche e immaginarie, in modo che possano arrivare in altri modi all’occhio e alla mente degli spettatori».

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