Da Jesi alla cattedra a Stanford, Aquilanti: «Suonerò i Grateful Dead con la National Symphony Orchestra» ​

Bob Weir, chitarrista dei Grateful Dead, e il maestro Giancarlo Aquilanti
Bob Weir, chitarrista dei Grateful Dead, e il maestro Giancarlo Aquilanti
di Giovanni Filosa
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Domenica 2 Ottobre 2022, 03:50

JESI - Il maestro e direttore d’orchestra Giancarlo Aquilanti, marchigiano di Jesi, dopo alcuni anni di lavoro di intensa ricerca e rilettura, debutterà, come orchestratore, il 5 ottobre, a Washington, con la National Symphony Orchestra ed i Grateful Dead, un gruppo che da più di cinquant’anni ha scritto la storia del rock. Il maestro, dotato di una profonda conoscenza degli strumenti orchestrali e un ampio background del repertorio, ha praticamente riscritto completamente ed arrangiato una ventina di brani rock.

Aquilanti si è trasferito nel 1985 negli Usa ma ha sempre confermato l’importanza di aver studiato nelle Marche e diretto il “Coro Regina della Pace”, fondato a Jesi nel 79, quasi per scherzo, fra amici. «Direi per gioco - racconta sempre - ma poi tutto è cresciuto, abbiamo anche fatto dei tour all’estero.

Un lavoro che mi ha formato e se oggi dirigo cori ed orchestre lo devo a questa esperienza, straordinaria, nella mia città». Dal 1996 ha iniziato la sua carriera di insegnante di armonia e composizione all’Università di Stanford, in California. Ha affrontato anche studi approfonditi sulla musica elettronica e l’informatica, senza tradire la percezione delle tradizioni italiane, profondamente plasmate dall’esperienza musicale americana. «Sono anche appassionato di jazz, in verità. Negli anni, mi sono dedicato alla musica rock, arrangiando e dirigendo gruppi musicali con la mia orchestra della Stanford University, fra i primi i Grateful Dead, artisti fondamentali nel cosiddetto acid rock o rock psichedelico. Negli ultimi anni, durante la pandemia, per i Grateful ho orchestrato venti canzoni, che finalmente saranno eseguite, e dirette, dal 5 al 9 ottobre, dalla “National Symphony Orchestra” insieme alla band, al Kennedy Center di Washington (Dc), uno dei teatri più importanti d’America. Ogni serata eseguiranno un programma diverso, questo vuol dire per me un notevole sforzo logistico e di preparazione per le prove».

Non è la prima volta che lavora per e con i Grateful. «Vero, il progetto ideato una decina di anni fa, dopo un primo assaggio con un’orchestra locale della San Francisco Bay, ha visto un’accelerazione negli ultimi anni e già diverse orchestre hanno chiesto di eseguire questi brani. A febbraio “The Atlanta Symphony” eseguirà tre concerti. Per l’occasione sto lavorando all’orchestrazione di altre canzoni. Per dare un’idea della vastità del progetto, si tratta di circa 700 pagine di partitura orchestrale, che ha generato circa 5000 pagine di parti per l’orchestra. Ho anche composto un’overture per sola orchestra basata su temi delle canzoni dei Grateful che, nell’arco degli anni, come vuole la tradizione di ricerca della band, si sono trasformate. La mia interpretazione può essere vista come una ulteriore variazione, questa volta in modo assai radicale, data l’aggiunta dell’orchestra sinfonica ed il connubio fra questi due ensemble, apparentemente lontani in stile, genere e fini artistici. Ho avuto, in questi anni di lavoro, piena libertà nella reinterpretazione delle canzoni, inserendo nelle parti orchestrali elementi che vengono dalla tradizione classica. Non mancano riferimenti a quella italiana e quella locale marchigiana, né spunti contrappuntistici, elementi operistici come ad esempio l’ouverture o fughe orchestrali il cui tema deriva da alcune loro improvvisazioni. È un po’ come se l’anima del gruppo si fosse trasferita ai diversi strumenti dell’orchestra. Ho voluto preservare la tradizione dei Grateful, radicata nella “improvvisazione”, uno degli elementi che ha caratterizzato la loro produzione, trasfondendola nell’orchestra sinfonica, elemento che normalmente non fa parte della tradizione sinfonica. Questo progetto ha attratto l’attenzione dei media nazionali Statunitensi, soprattutto la Cbs. In programma c’è anche una tournée in Europa».

Ha il desiderio di venire a dirigere di nuovo nelle Marche? «Si, e detto fra noi, mi piacerebbe fare il maestro ospite. Prima o poi succederà». Se non si chiamasse Aquilanti, quale compositore vorrebbe essere? «Senz’altro Giacomo Puccini, mi trovo a mio agio nella sua musica, lui è il compositore per eccellenza, incubo dei musicologi, con linee melodiche che mai nessuno è riuscito a scrivere».

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