CIVITANOVA - venerdì 2 settembre, al Teatro Rossini di Civitanova per il VitaVita Festival, arrivano i Quintorigo (ore 21,15), con l’omaggio a Charles Mingus, e il “King of percussions”, Tony Esposito (22,30), premio alla carriera ex aequo con Giovanna Famulari, che omaggerà Pino Daniele.
Il centenario
I Quintorigo tornano dopo aver ricevuto anni fa il premio alla carriera. «Tornare – racconta il sassofonista Valentino Bianchi – per noi è un bel riconoscimento perché significa che abbiamo lasciato un segnale positivo. Torniamo a Civitanova con questo nostro progetto su Mingus». Il gruppo ha pubblicato una seconda monografia dedicata al talentuoso musicista jazz. «È il centenario della sua nascita – dice – e poi tra tutti quelli che abbiamo “strapazzato” lui è forse quello più vicino al nostro modo di fare musica. Mingus ha fuso le varie tradizioni gospel, blues, innovando sempre e guardando alle varie contaminazioni». Nella seconda monografia spiega il sassofonista, «abbiamo reinterpretato con libertà quello che non avevamo inserito nella prima, questa volta dando più attenzione alla sua vena blues. A cantare i brani è il nostro attuale vocalist Alessio Velliscig». I Quintorigo non si tradiscono, ma tengono fede al loro modo di essere, capaci di dedicarsi e mescolare diversi stili. «È il nostro background formativo – spiega Bianchi – diverso, con gusti diversi. Sin dagli inizi la nostra band ha spaziato dal cameristico all’elettronico, e le nostre numerose collaborazioni hanno fatto sì che il nostro fosse un linguaggio camaleontico. Sempre però rivolto alla ricerca dell’originalità».
Le collaborazioni
Le collaborazioni sono state importanti anche per il “King of percussions”, il re delle percussioni Tony Esposito. «Se mi hanno dato il premio alla carriera – commenta – vuol dire che la gente non ha visto solo i successi, ma tutto il percorso che ho fatto fino a oggi».
La carriera
In cinquant’anni di carriera Tony Esposito ne ha viste e suonate tante. «La musica italiana oggi – commenta – è come in stallo. Non ci sono più i Pino Daniele di allora. I Maneskin sono simpatici e bravi, ma non fanno musica che caratterizzi l’Italia. Intendo quella che si interseca con la cultura, con le etnie, con la popolazione. Mancano anche gli anni ‘80, si vede, e si nota il desiderio di autenticità. Oggi i brani non superano i 3 minuti, in passato c’erano assoli di chitarra anche più lunghi nei brani di Battisti. E se mi considerano il re delle percussioni, è una sfida vinta. Lo sono perché ho iniziato prima di tutti, ma anche perché sono stato bravo a suonare questo strumento particolare, il tamborder. Ho mescolato elettronico e etnico e ho creato il mio stile».