PIOBBICO Ci sono interessi difficili se non impossibili da conciliare che finiscono in vertenze ed esposti. Come la convivenza tra una cava ed un agriturismo. Purtroppo, lo sanno bene i fratelli Massimo e Andrea Bondi, i proprietari de “La Caprareccia” a Piobbico. Si trova vicino all’ansa rocciosa del fiume Candigliano, quella sovrastata dalla Balza della Taddea. La rupe dove morì la bella e segreta fidanzata del giovane Conte per fuggire dai soldati del Conte Padre. Terre di leggende su cui i due fratelli hanno investito una vita di sogni, energie e finanze.
Il risultato è un resort costruito su un nucleo di casolari di pietra che si distingue per la qualità dell’accoglienza. C’è la cucina genuina ed imperniata sui piatti simboli del massiccio del Nerone di un ristorante forte di oltre 150 coperti e una curata ospitalità con camere e appartamenti che offrono servizi di solarium, diverse piscine di cui una addirittura alimentata da una fonte di acqua sulfurea e, per la gioia dei più piccoli, uno scivolo lungo 22 metri. Poi, l’inghippo. Quando la “Cava di Gorgo a Cerbara”, criticatissima per il suo “notevole impatto sul paesaggio”, dal 1997 nella lista delle 467 cave pesaresi dismesse, anzi “definitivamente terminate” secondo il Piano provinciale delle attività estrattive (Ppae), nel 2010, ritornò sfruttabile, anzi “coltivabile”. Sommando i vari permessi fu autorizzata ad estrarre 1,5 milioni di metri cubi di materiali fino al 7 maggio 2028. Esattamente 1.557.173,44 mc di calcare massiccio, corniola, maiolica giudicati di “difficile reperibilità”. Risultato: un inferno di polvere e sassi che diluviano spesso sull’agriturismo . Una sorta di terremoto continuo documentato con video e foto.
Dopo aver raggiunto il prelievo del 60% del volume di scavo originariamente autorizzato, la srl “Cava di Gorgo a Cerbara” ha chiesto e ottenuto dalla Provincia di Pesaro Urbino l’ampliamento del 30% a maggio dell’anno scorso e, quindi, di poter estrarre ulteriori 467.151,80 mc. Ma anche se l’attività estrattiva, come risulta dai pareri finali dell’Arpam, dell’Asur e della regione Marche, applica tutte le misure a tutela delle acque, dell’aria, del suolo, del rumore, delle vibrazioni e dei campi elettromagnetici, rimane di fatto un vicino portatore di non pochi problemi ambientali. L’ampliamento del sito impone l’uso frequente di mine, lo scavo e la frantumazione generano nuvoloni di polvere del tutto controproducenti per un agriturismo che dista, in linea d’aria, a meno di 300 metri e “vende” a golosi, escursionisti e turisti aria “buona” e un’atmosfera serena.
«Un anno fa, il 5 maggio - spiega Massimo Bondi -, abbiamo depositato un ulteriore esposto alla Procura della Repubblica di Urbino al fine della tutela dei diritti di cittadino nonché per le dovute valutazioni e necessarie verifiche di competenza.