FANO - Il rischio che si corre è adesso quello «di dare un’immagine di Fano che non corrisponde alla realtà», cedendo alla tentazione «di una eccessiva drammatizzazione del problema. Non siamo davanti ad un’emergenza di ordine pubblico».
L’occasione
Muovendo dalle parole del dirigente del “Nolfi-Apolloni” Samuele Giombi, che nel passare l’evidenziatore sull’importanza di denunciare in riferimento ai due episodi ravvicinati di cui avevano fatto le spese “Apolloni” ed ex “Battisti”, aveva anche espresso la considerazione che Fano non è più una città tanto sicura, il sindaco Seri coglie l’opportunità per inserirsi anche nel serrato confronto politico a distanza su baby gang e micro-criminalità. Lo fa lanciando un invito all’equilibrio, non prima però di avere dato voce anche alla consapevolezza «che questi episodi vanno contrastati e assolutamente non minimizzati».
La richiesta
Una linea che ha trovato riflesso nella lettera inviata al Prefetto in cui si caldeggia «l’avvio di un confronto sulla strategia da adottare con l’obiettivo di frenare in modo congiunto questo fenomeno in rapida espansione che ora tocca anche le città di medie dimensioni».
La misura
Il sindaco ne fa una questione di misura e di prospettiva. «Va messo il perimetro e inquadrato il problema» suggerisce, assicurando anche che «su chi commette violenza e reati non abbiamo indulgenza. Dobbiamo però avere una visione globale, comprendendo le dimensioni e le cause di questa criticità per intervenire con tutte le leve che abbiamo a disposizione, come assistenza, educazione, formazione, lavoro, attività e pratiche inclusive». La sollecitazione al Prefetto non è l’unica iniziativa.
Il tavolo di confronto
E’ stato infatti istituto parallelamente anche un tavolo interno in cui gli assessori che detengono deleghe attinenti alla questione facciano confluire «quante più informazioni possibili sui gruppi e sulle aree di disagio». Per il sindaco infatti irrinunciabile una ricognizione preliminare «per sapere quanti sono i giovani che fanno parte di questi gruppi, quale è la loro condizione scolastica o professionale, se vivono in nuclei familiari e la loro situazione individuale» per poi passare alla messa in campo «di soluzioni efficaci, anche in accordo con le forze dell’ordine». Oltre ai servizi sociali ed educativi, anche altri gli attori chiamati a condividere «approccio e impegno», in particolare quelli «del terzo settore».
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