L’appello ter
Ieri sono state pubblicate le motivazioni del verdetto che farà incardinare un processo d’appello ter, questa volta davanti alla Corte d’Appello di Firenze. Stando agli ermellini, «sussiste certamente un vizio di motivazione decisivo» nella condanna per peculato emessa nell’ottobre del 2021 dai giudici perugini. Per la Cassazione sarebbe da rivedere la sussistenza dell’impianto accusatorio, basato sull’utilizzo di fondi pubblici per spese non direttamente connesse all’attività istituzionale. Per la precisione, Spacca era stato condannato per cinque capi d’imputazione relativi a spese di ristorazione, acquisto di pacchetti di sms sul portale Aruba, somme destinate a coprire i costi (circa 20mila euro) per spedire alcune riviste (Koiné, Marche Domani). I giudici d’appello di Perugia avevano riconosciuto a Bugaro tre capi d’imputazione legati a spese postali e di partecipazione a convegni. Si tratta, in totale, di poco più di 5mila euro. Spese compiute tra il 2008 e il 2012, tanto che per alcuni capi nel frattempo è arrivata la prescrizione.
Le reazioni
«Mi aspettavo questo annullamento da parte della Cassazione - osserva Spacca - perché dopo 2 sentenze di assoluzione del tribunale di Ancona, decidere una condanna- come ha fatto Perugia- per aver spedito un periodico sulle Marche per promuovere i risultati dell’azione di governo, era semplicemente inconcepibile». Ancora più diretto Bugaro: «Viste le motivazioni, poteva assolvermi direttamente la Cassazione. Sono l’unico caso in Italia che per pochi soldi, peraltro rendicontati, deve sostenere il terzo appello. È l’esempio paradigmatico dello stato della giustizia italiana. Vado avanti con serenità, certo che andrà tutto bene». E, parafrasando il Vangelo secondo Matteo, aggiunge: «Beati coloro che sono perseguitati per la causa della giustizia perché per loro è il regno dei cieli».
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