Caporossi, così ha trasformato Torrette nel miglior ospedale d'Italia. Negli anni Ottanta fu assessore dorico: «Voglio continuare a progettare»

Caporossi, così ha trasformato Torrette nel miglior ospedale d'Italia. Negli anni Ottanta fu assessore dorico: «Voglio continuare a progettare»
Caporossi, così ha trasformato Torrette nel miglior ospedale d'Italia. Negli anni Ottanta fu assessore dorico: «Voglio continuare a progettare»
di Maria Cristina Benedetti
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Venerdì 6 Gennaio 2023, 02:15

Esce dall’ospedale di Torrette a testa alta, con la chitarra in mano. Michele Caporossi, dopo sette anni da direttore generale, lascia quella fortezza che è diventata l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche. Se la canta e se la suona, la colonna sonora della sua uscita dai toni trionfali. «Sempre e per sempre. Dalla stessa parte mi troverai». Intona i versi di De Gregori come fossero il suo marchio di fabbrica e infila i primati raggiunti. Tutti. Il segnale tangibile, è il suo credo, della strada percorsa. Il tasso di complessità in corsia, durante il suo settennato, è aumentato del 40%: significa prendersi cura di più malattie gravi e rare. 


I numeri 


In via Conca sono diventati i primi in Italia per cardiochirurgia, con 1.500 interventi all’anno; secondi per chirurgia toracica mininvasiva, per emodinamica e angioplastiche con un infarto grave in atto. Le stelle dello sport si mettono in fila: Mario Cipollini, Martina Fidanza ed Elia Viviani, campioni del mondo di ciclismo, sono venuti a Torrette per l’ablazione. Per sconfiggere l’aritmia, la prima causa dell’ictus. Le star del Moto Gp Valentino Rossi e Francesco Bagnaia, il fuoriclasse del salto in alto Gianmarco Tamberi sono stati miracolati dai suoi ortopedici. Con la pandemia non è stato lasciato indietro nessuno. Guanti, mascherine e scafandri non sono mai mancati. È stato attivato un sistema di protocollo d’intervento: ognuno sapeva cosa fare. Si lavorava giorno e notte. Un esempio. 


Il pallino 


Il suo vanto è il Corm, il Centro Oncologico e di Ricerca delle Marche. Era il 23 aprile del 2021 quando divenne realtà. Il suo pallino è l’ibridazione: un processo che mette tutti insieme, con al centro il paziente, attorno al quale ruotano gli specialisti. L’esempio di questa sintesi è la Rm-pet, appena inaugurata a Torrette: meno radiazioni e diagnosi più accurate su malati oncologici, cardiologici e neurologici, adulti e pediatrici. È l’unica in una struttura pubblica insieme a quella del San Raffaele di Milano.

L’ultimo traguardo tagliato: l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ha premiato a fine 2022 il suo ospedale come migliore d’Italia. 


Il futuro 


Era il primo febbraio del 2016, quando Caporossi arrivò al vertice di quelli che erano ancora gli Ospedali Riuniti. Fu allora che s’inventò le tre “G”: gentile, generoso, geniale. Era il 30 novembre dell’anno appena chiuso, quando, uscendo per l’ultima volta dal suo ufficio, attraversò il futuro in costruzione: 70 cantieri per 110 milioni di euro di investimenti e la soddisfazione di avere in un’unica cittadella sanitaria il nuovo Salesi, il materno-infantile. Grazie alla Regione, dice. Merito della sua caparbietà, è la convinzione di tanti. 


I ricordi


Le battaglie studentesche e il garofano da socialista appuntato sul bavero sono impalpabili ricordi. Nel cuore, Caporossi, custodisce lo sguardo dei pazienti. Predilige il teorema dell’anima, più che un protocollo sanitario, quel concreto sognatore nato a Roma nel 1955. Con in tasca la laurea con lode in Filosofia e sociologia arrivò ad Ancona dove, a 28 anni, venne eletto consigliere comunale e nominato assessore con i sindaci Monina e Del Mastro. Erano gli anni Ottanta, aveva la delega alle grandi infrastrutture. Portò a casa il primo project financing d’Italia con il parcheggio Stamira, il finanziamento delle opere pubbliche con risorse alternative a quelle statali. S’inventò gli ausiliari del traffico, lavorò alle ricostruzioni post terremoto e frana. 


Sposato e con un figlio, dal 1995 è nel servizio sanitario nazionale: ha diretto sette aziende in tre regioni. Inebriato dal consenso ha proclamato: «Voglio continuare a pensare, progettare». Senza farsi condizionare troppo dalle bandiere: «Non ho segni politici. Il mio partito, quello socialista, non c’è più». Enrico Loccioni, l’imprenditore marchigiano che misura e si misura con il futuro, conia un termine per definirlo: “Intraprenditore”. «La sua - spiega - è innovazione comportamentale». Per tutti rimarrà il direttore delle tre “G”: gentile, generoso, geniale.
 

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