Payback, uno spiraglio dal Tar per le imprese dalla sanità marchigiana: «Scelte legislative irragionevoli»

Payback, uno spiraglio dal Tar per le imprese dalla sanità: «Scelte legislative irragionevoli»
Payback, uno spiraglio dal Tar per le imprese dalla sanità: «Scelte legislative irragionevoli»
di Martina Marinangeli
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Giovedì 30 Novembre 2023, 02:20 - Ultimo aggiornamento: 15:14

ANCONA - Uno squarcio di luce fa capolino tra le nubi nere del payback. Il Tar del Lazio, con una serie di ordinanze di identico contenuto, nei giorni scorsi ha sollevato «la questione di legittimità costituzionale della normativa», rilevando che «le scelte legislative potrebbero risultare irragionevoli sotto molteplici profili».

Ora la palla passa alla Corte Costituzionale, che dovrà esprimersi nel merito, ma intanto i pagamenti restano sospesi.

Per capirci, parliamo di quel meccanismo che impone alle aziende fornitrici di dispositivi medici di pagare un conto salatissimo per contribuire al ripiano degli sforamenti della sanità pubblica.

La situazione regionale

Nelle Marche parliamo di una cifra monster di 65,5 milioni di euro - prima che il governo, lo scorso marzo, istituisse un fondo nazionale con il cosiddetto Decreto Schillaci, il salasso era addirittura di 136,5 milioni - per rientrare dei 292.197.000 euro in più spesi dalle quattro aziende ospedaliere marchigiane (Torrette, Asur, Inrca e Marche Nord) tra il 2015 ed il 2018. Alle imprese - 1509 quelle debitrici verso la Regione Marche - sono state chieste somme fino a quasi 10 milioni di euro. Una mannaia che rischia di far saltare non pochi bilanci. Ma secondo il Tar del Lazio, la normativa sul payback «intervenuta nel 2022 e volta a definire il tetto di spesa regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 - si legge in una delle ordinanza - appare violativa dei profili dell’affidamento, della ragionevolezza e dell’irretroattività, atteso che va ad incidere su rapporti contrattuali già chiusi, le cui condizioni contrattuali si erano cristallizzate nei contratti già da tempo conclusi tra le parti». 


Il contesto indeterminato


Ma non solo. Il Tar evidenzia come, proprio in virtù di questa normativa, le Regioni abbiano «acquistato i dispositivi medici in questione senza poter avere come riferimento un tetto di spesa regionale predefinito, mentre le aziende fornitrici di dispositivi medici hanno partecipato alle gare indette dalle amministrazioni regionali senza poter prevedere quale sarebbe stato l’impegno economico loro richiesto in conseguenza del payback e senza poter formulare in alcun modo un’offerta economica che tenesse conto degli effettivi costi da sostenere con riferimento a ogni singola fornitura». 


La conclusione


Una delle ordinanze emesse dal Tar (la 17543 del 24 novembre, nello specifico) sottolinea come «tutto ciò determina un ingiustificato sacrificio dell’iniziativa economica privata, la cui limitazione può considerarsi legittima solo se il bilanciamento tra lo svolgimento dell’iniziativa economica privata e la salvaguardia dell’utilità sociale risponde ai principi di ragionevolezza e proporzionalità e non è perseguita con misure incongrue». 
La conclusione è chiara: «L’indeterminatezza sui criteri concreti da seguire per la fissazione del tetto regionale è ancora più evidente ove si consideri che il mercato dei dispositivi medici è vastissimo e ricomprende beni tra loro notevolmente diversi e tipologie di fornitura disparate, tanto da far ritenere di essere in presenza di mercati diversi, in quanto rispondenti a dinamiche e logiche differenti. Di tale diversità il legislatore non si è, tuttavia, curato in alcun modo». Di qui i dubbi sulla legittimità della normativa. Ora parola alla Consulta. Un barlume di speranza.

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