Le risorse per le liste di attesa? Usate per l’acquisto di farmaci

Le Marche hanno speso solo il 36% dei fondi per recuperare le prestazioni saltate in era Covid La Regione: «Dei 13 milioni di euro totali, 8,3 per cofinanziare medicinali per patologie gravi»

Le risorse per le liste di attesa? Usate per l’acquisto di farmaci
Le risorse per le liste di attesa? Usate per l’acquisto di farmaci
di Martina Marinangeli
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Domenica 25 Giugno 2023, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 07:32

ANCONA - Le Marche hanno impegnato solo il 36% delle risorse erogate dallo Stato per il recupero delle prestazioni sanitarie saltate nel biennio nero del Covid. Lo mette nero su bianco la Fondazione Gimbe, stilando una classifica nazionale che vede la nostra regione al 15° posto per capacità di spesa, ben al di sotto della media italiana assestata sul 69%. Ma perché non abbiamo speso questi fondi per intervenire sulle liste di attesa andate fuori controllo? E dove sono stati impegnati questi soldi? A scattare la fotografia dello stato dell’arte della situazione sono direttamente gli uffici dell’assessorato regionale alla Sanità guidato da Filippo Saltamartini.


La ricostruzione

Nel 2022, il finanziamento per il recupero delle liste Lea (i Livelli essenziali di assistenza su prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire ai cittadini) deragliate nel periodo della pandemia era stato pari a 12.861.641 euro per le Marche.

Somma suddivisa tra le quattro aziende ospedaliere presenti nel territorio prima della riforma del settore varata dalla Regione lo scorso agosto: Asur, Inrca, Torrette e Marche Nord. Per recuperare le liste di attesa, le aziende hanno speso 4.630.191 euro e, tra queste, spicca Marche Nord (oggi assorbita nell’Ast 1 di Pesaro) che ha impegnato il 100% della somma destinata a questa finalità. «Il Ministero della Sanità aveva autorizzato le Regioni a impiegare le somme non utilizzate nei Lea anche per altre finalità sanitarie», sottolinea l’assessorato alla Sanità.

E, nello specifico, i restanti 8.231.450 euro del finanziamento statale destinati alle Marche hanno cofinanziato il costo 73.972.598 euro «per farmaci innovativi per oncologia, diabete ed altre patologie gravi, coprendo la differenza con il finanziamento ministeriale che era stato solo di 28.648.004 euro. Dunque questi soldi non sono andati persi: le Marche hanno raddoppiato il finanziamento per farmaci innovativi, ma particolarmente costosi, per garantire la cura di patologie come i tumori». Un’iniziativa lodevole e sicuramente utile, ma che ha depotenziato il recupero delle liste di attesa che nell’era Covid inevitabilmente si erano allungate. Di qui, i risultati poco brillanti delle Marche nel recupero delle prestazioni ambulatoriali (31% a fronte di una media nazionale del 57%), degli screening oncologici (20% contro il 67% italiano) e dei ricoveri chirurgici programmati (32% contro 66%). C’è poi un’altra questione emersa dal monitoraggio di Gimbe: il Ministero aveva concesso 1,6 milioni di euro alle Marche per le erogazioni ai privati accreditati finalizzate, anche in questo caso, al recupero delle prestazioni saltate. Ma dall’analisi della Fondazione risulta che non sia stato speso un centesimo in questo senso. 


La spending review


«La regione Marche è stata chiamata, durante il governo Draghi - è ancora l’assessorato alla Sanità ad intervenire - a rispettare le norme sulla spending review del 2015 che il precedente esecutivo regionale aveva superato. Norme che avevano posto un limite ai privati convenzionati: 111 milioni di euro per l’attività ospedaliera e 25 milioni per quella ambulatoriale». Un totale di 136 milioni di euro, che era stato sforato e che ha reso necessario un piano di rientro dopo la procedura d’infrazione avviata dal Ministero di Economia e Finanza contro le Marche. Altro paletto non indifferente per il recupero delle liste d’attesa, già alla canna del gas.

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