Marche, una stalla su 10 a rischio per i rincari energetici: «Costi sei volte più alti»

Marche, una stalla su 10 a rischio per i rincari energetici: «Costi sei volte più alti»
Marche, una stalla su 10 a rischio per i rincari energetici: «Costi sei volte più alti»
di Elena Sofia Doria
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Lunedì 12 Dicembre 2022, 04:10 - Ultimo aggiornamento: 17:19

ANCONA  - «Una stalla che chiude non la riapri più». Un mantra noto tra gli allevatori, consapevoli che chiusura significa perdita degli animali, del loro patrimonio genetico e di investimenti in innovazione e sostenibilità. A rimetterci è l’intero territorio, che in alcuni casi rischia il degrado. Uno scenario drammatico per la zootecnia, settore già messo in crisi dalla pandemia. Secondo un’analisi nazionale effettuata da Coldiretti su dati Crea, oggi una stalla su dieci è a rischio chiusura, causa l’esplosione delle spese di produzione: +95% per i mangimi, +110% per il gasolio e +500% per l’elettricità. Aumenti dovuti al conflitto in Ucraina e alle incertezze rispetto agli accordi per il passaggio delle navi sul Mar Nero. 


L’analisi


L’analisi di Coldiretti Marche parte dall’aumento dell’11% del prezzo dei cereali registrato a ottobre dalla Fao rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: un salasso per i circa 3.200 allevamenti bovini che operano nel settore delle carni e del latte e che utilizzano i cereali per l’alimentazione degli animali. Da gennaio a settembre le stalle hanno conferito poco più di 18mila tonnellate di latte vaccino, il 6% in meno rispetto al 2021. «Da dopo la pandemia è cambiato tutto» dice Antonio Larghetti, proprietario di un caseificio a conduzione familiare ai piedi del monte Carpegna (PU) e produttore di Caciotta d’Urbino dop.

L’azienda coltiva 85 ettari con metodo biologico e conduce un allevamento bovino da latte di razza Frisona. Continua Larghetti: «Dallo scoppio della guerra in Ucraina siamo a corto di materie prime e se le vogliamo le dobbiamo pagare a peso d’oro. Senza contare l’aumento dei costi di energia elettrica e gasolio.

Ho investito per trent’anni su innovazione, biologico e benessere dell’animale. Se le cose non cambiano siamo destinati a chiudere». La situazione peggiora per i produttori terremotati dei Sibillini. Racconta l’allevatore amandolese Roberto Di Mulo della fattoria L’Angolo di Paradiso: «I danni del terremoto del 2016 hanno comportato investimenti per la ristrutturazione. Poi è arrivata la pandemia. Non c’è stato tempo di riprendere a respirare che è iniziata una nuova crisi: i costi sono triplicati. Per l’energia pagavo mediamente 1100 euro al mese, da agosto sono diventati 6000 euro».


L’inflazione


Ma non basta: «Si aggiungono i finanziamenti per le ristrutturazioni aperti al tempo con tassi variabili accessibili. Oggi con l’inflazione pago 700 euro in più al mese di interessi». Di Mulo è uno dei pochi allevatori in Italia a impiegare il Batch milking: una stazione di mungitura volontaria che garantisce controllo sulla salute dell’animale e sulla qualità della materia prima. «Abbiamo investito pensando al benessere delle bovine: vengono allevate in stabulazione libera. Sono libere di muoversi all’interno della struttura». Senza sostenibilità economica delle aziende che hanno investito nel settore e nel territorio non può esserci sostenibilità dell’ambiente, commenta Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche: «Gli allevamenti estensivi, come quelli marchigiani, oltre ad assicurare il benessere animale sono fonte di fertilità per i nostri suoli e per questo indispensabili per conservare la ricchezza e la biodiversità del territorio» Una stalla che chiude non la riapri più: con tutti i rischi che ne conseguono per l’ambiente, l’economia e l’occupazione di aree interne a rischio di spopolamento.

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