Gli agricoltori marchigiani alla canna del gas: «Tra clima impazzito e regole di Bruxelles non ce la facciamo più»

Gli agricoltori marchigiani alla canna del gas: «Tra clima impazzito e regole di Bruxelles non ce la facciamo più»
Gli agricoltori marchigiani alla canna del gas: «Tra clima impazzito e regole di Bruxelles non ce la facciamo più»
di Véronique Angeletti
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Sabato 3 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 10:37

ANCONA - La scorsa settimana a Civitanova, martedì a Piediripa, ieri a San Severino. Le proteste degli agricoltori marchigiani si moltiplicano. Sotto accusa il taglio dei contributi e gli eco-schemi imposti dall’Europa e la non difesa del made in Italy. Ma se si ascolta il malumore degli agricoltori marchigiani si avverte che il malessere è di un settore che rivendica il suo ruolo centrale di custode della terra e chiede una politica consona all’economia agricola reale. «Non sono arrabbiato – spiega Antonello Nazzari – ma sconsolato».

Le storie

Ha un’azienda agricola grande 150 ettari ad Ascoli Piceno dove fa seminativi, grano, orzo, foraggi ed è anche allevatore.

Racconta non di uno ma di diversi annus horribilis resi ancora più horribilis dal clima impazzito che stravolge semine e raccolti; dall’erosione dei redditi dovuti dell'impennata dei costi sui carburanti, i mangimi, le attrezzature, concimi e fitosanitari; dalla mazzata dell’aumento dei tassi d’interesse sui mutui che hanno congelato i guadagni. Ma anche di mercati globali che condizionano il prezzo e considerano commodities il grano, la soia, il mais e rovinano i bilanci delle aziende agricole. «Oggi – osserva - gli agricoltori non hanno niente sotto controllo, subiscono e basta. Siamo quelli che investono i propri soldi e lavorano senza conoscere quale sarà il prezzo finale del loro raccolto e, al momento della vendita, si accorgono che non rientrano nemmeno nelle loro spese. Quest’anno abbiamo lavorato e ci siamo indebitati peggio degli altri anni».

Lo sconforto

Poi l’amara considerazione: «Prima c’era almeno la Pac e i contributi europei che ci davano dei margini di sicurezza adesso sono scesi del 30% e ci sono ulteriori vincoli. Prima facevi poco – conclude - adesso fai il 30 al 40% in meno di quel poco». Danny Mattiacci è un ’agricoltore di Loro Piceno. Gestisce circa 900 ettari dove produce girasoli, semi di coriandolo, erba medica. Ieri non è andato al sit-in ma «lunedì - garantisce - sarò a Porto San Giorgio». Spiega che è esasperato. Avverte tutti gli aspetti contraddittori e spesso non conciliabili della sostenibilità. Una grande responsabilità affidata agli agricoltori dal Patto verde dell’Unione Europea e dalle politiche italiane. «Dobbiamo essere in grado – entra nel merito – di fornire un’alimentazione di alta qualità, a basso costo, rispettosa dell’ambiente obbedendo a regole scritte da gente che temo non sappia davvero come funziona un’azienda agricola».

Le criticità

Denuncia la difficoltà di applicare le nuove regole che determinano il reddito in funzione dei vari impegni ambientali e possono diventare un grave limite per aziende strutturate ed estese. A Montecarotto, terra della Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi, Rossano Landi, è viticoltore ed olivicoltore. «Siamo stati strangolati dal clima, la peronospora e dalle banche - elenca - e oggi le aziende mancano di liquidità». Sostiene che «non è tutta colpa dell’Europa, che in fondo mette i soldi, ma del piano strategico nazionale e delle regioni che devono rivedere il loro impiego. «Insieme – incalza - dobbiamo orientare verso nuove decisioni». Mentre per il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto, a margine del convegno su l’Anello acquedottistico antisismico dei Sibillini" a Castelfidardo, «la protesta è la manifestazione di un disagio nei confronti di scelte della Commissione europea e di un'accelerazione ideale un po' slegata dalla realtà». In agenda la protesta continua lunedì a Porto San Giorgio, giovedì all’uscita di Castel di Lama ed è in programma il 5 marzo a Marina Palmense.

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