Il dottor Antonicelli: «All’Inrca reparti Covid al limite, è in aumento la richiesta di posti soprattutto dalle Case di riposo»

Roberto Antonicelli
Roberto Antonicelli
di Martina Marinangeli
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Lunedì 15 Febbraio 2021, 02:30

ANCONA - Dottor Roberto Antonicelli, coordinatore dei reparti Covid all’Inrca di Ancona, la provincia dorica è diventata l’occhio del ciclone del contagio, anche a causa di una maggiore incidenza della variante inglese. Come si sta organizzando il geriatrico per affrontare questa situazione?
«Ci siamo strutturati attivando tre reparti dentro l’ospedale dedicati al Covid – di cui uno di terapia semi intensiva – ed abbiamo destinato ai pazienti contagiati anche Residenza dorica, una struttura che utilizziamo per il post ricovero, finché non escono dalla fase acuta della malattia. Anche l’Inrca di Fermo, poi, ha delle parti dedicate ai post Covid, pazienti ancora positivi ma che hanno superato la fase più critica della malattia. Uno sforzo molto sostanzioso, dunque».

 
Su quanti posti letto potete contare in totale?
«La disponibilità è tra i 50 ed i 60 posti letto nel nosocomio alla Montagnola di Ancona, circa 35 nella Residenza dorica ed altrettanti a Fermo».


Riuscite ancora ad accogliere pazienti Covid o siete saturi? 
«Stiamo accogliendo pazienti anche in questi giorni, però i reparti sono pieni. Il singolo paziente riusciamo a ricoverarlo, ma la capacità ricettiva è ormai al limite. I posti sembrano tanti, ma di fonte alle esigenze, così non è».


Che tipologia di paziente arriva all’Inrca?
«Una parte dei nostri pazienti sono quelli che vengono trasferiti dalle Rsa quando si presentano dei focolai e, come sappiamo, le Rsa sono state molto colpite dal Covid, quindi c’è un flusso abbastanza costante. A questi si aggiungono, poi, pazienti dal territorio e dai nostri pronto soccorso. Se sono da intubare, li mandiamo direttamente all’ospedale di Torrette, se sono da semi intensiva, li ricoveriamo da noi. C’è una sorta di gerarchia di gravità».


Da quando, nell’ultimo periodo, Ancona è diventata l’epicentro del contagio nelle Marche, ha notato un aumento della pressione sulla struttura? 
«In realtà, c’è stato un costante incremento nel tempo che ha portato alla saturazione dei posti.

L’aumento l’abbiamo notato soprattutto dai trasferimenti dalle case di riposo e, purtroppo, è vero che la situazione di Ancona non è molto rosea in questa fase».


Peraltro, i residenti delle case di riposo sono tra i soggetti più a rischio in questa emergenza pandemica.
«Esatto. Speriamo tutti che la campagna vaccinale possa dare risultati nel breve periodo. Sono i pazienti più fragili, che pagano il prezzo più alto di questa malattia. Va detto che molti over 80 si sono salvati, ma il tasso di mortalità tra gli anziani è più alto rispetto ai giovani, e questo è un dato di fatto».


La presenza della variante inglese può aver inciso sull’aumento dei ricoveri?
«Si è assistito ad un incremento, quindi probabilmente le due cose non sono scollegate».


Avete notato un peggioramento rispetto alla prima ondata? 
«In termini numerici, il tasso di ricoveri è simile. Ma è difficile dare un’immagine del trend epidemiologico perché i nostri reparti erano pieni nella prima fase e lo sono anche ora. Quindi in termini percettivi, diciamo che prima e seconda ondata per noi sono sostanzialmente simili».


Dal punto di vista di chi lavora in un geriatrico e quindi ha esperienza nella cura degli over 80, la campagna vaccinale per gli ultraottantenni è stata organizzata in modo adeguato?

«La campagna vaccinale nelle Marche soffre delle stesse debolezze del resto d’Italia e, forse, del resto d’Europa: l’illusione di avere più vaccini ed in un tempo minore, mentre tutto va a rilento. I ritardi sono da ascrivere a problematiche a livello nazionale».

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