Il direttore prevenzione Asur: «Al telefono poi sopralluoghi, finora solo uno ha sgarrato. Più di 3500 contatti e 100 visite in azienda»

Il manager Asur, Alberto Tibaldi (credit Guido Picchio)
Il manager Asur, Alberto Tibaldi (credit Guido Picchio)
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Giovedì 16 Aprile 2020, 17:18

Dottor Alberto Tibaldi, coodinatore dell’area Direzione tecnica per la prevenzione collettiva dell’Asur, come funzionano i controlli nelle aziende della regione che, da disposizioni governative, sono rimaste aperte anche durante il lockdown?
«Gli operatori del dipartimento di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, coordinandosi anche con le Prefetture, portano avanti uno screening telefonico basato sulla check list elaborata dalla Regione per verificare che vengano adottati i giusti comportamenti al fine di evitare la diffusione del contagio da Covid-19»

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Ce li può ricordare?
«Distanziamento sociale, uso di mascherine, rispetto delle norme igieniche e utilizzo di sistemi di sanificazione. Nel caso emergessero criticità o ricevessimo segnalazioni, sono previsti sopralluoghi, che sono poi contemplati anche nel piano straordinario degli interventi sulla base della valutazione del rischio delle aziende».

In quale tipologia di aziende sono necessari i sopralluoghi per valutare i rischi? 
«Ad esempio, in quelle aziende in cui, nei processi di produzione, non fosse possibile garantire il distanziamento di più di un metro, come nelle catene di macellazione avicole, per dirne una. Qui, sono necessari i dispositivi di protezione individuale per garantire la sicurezza». 

Dalle verifiche finora fatte, le aziende marchigiane si sono dimostrate rispettose delle disposizioni? 
«I dati ci dicono che c’è grande responsabilità e sia i datori di lavoro che i lavoratori si sono preoccupati di conoscere quali fossero i comportamenti corretti da adottare». 

Quanti controlli avete fatto finora? 
«Nell’ultimo mese abbiamo fatto 3619 interviste telefoniche, distribuite tra tutte le Aree vaste, in primis con finalità informativa, per informare datori di lavoro e dipendenti sulle misure corrette da adottare, e poi per verificare se si stessero seguendo le regole. In 2488 casi, le interviste hanno dato esito favorevole, cioè dallo screening basato sulla check list non sono emerse criticità. In 42 casi, invece, l’esito ha acceso un campanello d’allarme e sono partiti i sopralluoghi. Le restanti 1089 aziende non hanno risposto perché in realtà erano ferme. A questi dati, si sono aggiunti i 124 sopralluoghi nelle aziende che, per particolari caratteristiche di produzione, presentano rischi maggiori: è stato riscontrato un caso di irregolarità grave ed è stata fatta la restrizione con prescrizione. Sono stati invece 11 i provvedimenti adottati con notizia di reato, cioè i casi più gravi, che vengono inoltrati alle Procure». 
Con l’avvio della fase 2, altre aziende potranno tornare a produrre: saranno rimodulati anche i controlli? 
«I controlli dovranno essere proporzionati al tipo di strutture ed al livello di rischiosità che hanno». 

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