Sull’assessore regionale Aguzzi la rabbia degli ambientalisti: «Pensa alla caccia, si dimetta»

Stefano Aguzzi
Stefano Aguzzi
di Martina Marinangeli
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Venerdì 29 Ottobre 2021, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 10:14

ANCONA - L’assessore regionale all’Ambiente nel mirino delle associazioni ambientaliste. Può sembra un ossimoro, ma è proprio così. Il titolare della delega Stefano Aguzzi è stato pesantemente criticato per le sue posizioni “pro caccia”.

Un inedito: di solito, è l’assessore alla Caccia il bersaglio delle bordate green ma, in questo caso, Mirco Carloni viene addirittura visto come il moderato della situazione dagli ambientalisti. Il motivo del contendere sono le limitazioni al prelievo degli storni introdotte dalla Regione il 18 ottobre, in seguito all’ordinanza di sospensiva del Tar che vietava l’utilizzo di ogni tipo di richiamo. 

 
Le limitazioni
Oltre ad introdurre il divieto, l’assessorato alla Caccia ha anche limitato il numero massimo di capi prelevabili a 20mila unità, in ottemperanza al parere dell’Ispra ed alla conseguente diffida ministeriale. Misure che hanno mandato su tutte le furie il mondo venatorio. Aguzzi compreso, essendo a sua volta cacciatore. Situazione che ha anche creato frizioni all’interno della giunta, in una sorta di “stornogate” a Palazzo Raffaello che ha tenuto banco per giorni. Ma anche fuori dal Palazzo, il tema scalda gli animi. «Aguzzi deborda dalle sue competenze – spara ad alzo zero Danilo Baldini, delegato Lac (Lega per l’abolizione della caccia) per le Marche –. Da cacciatore, si sente portavoce anche di quella categoria: è una sorta di assessore alla Caccia in pectore.

Dovrebbe tutelare l’ambiente, invece si occupa a tempo pieno di attività venatoria. Abbiamo già chiesto le sue dimissioni e lo ribadiremo».


Le critiche
Quanto all’affaire storno, «noi ci atteniamo alle leggi: non sono stati fatti censimenti delle specie cacciabili perciò non ci sono dati che giustifichino la caccia in deroga allo storno. Nel nostro ricorso abbiamo contestato la quantità di capi prelevabili (prima era di 80mila, ndr) e l’uso dei richiami, ed il Tar ci ha dato ragione. L’attività venatoria è una concessione, non un diritto. E la Regione deve tutelare la fauna selvatica, che è patrimonio di tutti. La caccia in deroga ha senso se viene fatta per prevenire i danni all’agricoltura».


Il nodo del contendere
Ed è proprio questo il nocciolo della questione: lo storno non sarebbe una specie cacciabile, viene consentito il suo prelievo solo per prevenire danni gravi alle colture. Nelle Marche, tuttavia, i danni dichiarati in agricoltura ammontano in media a 26mila euro l’anno: difficile farli classificare come gravi. «È fondamentale che si rispettino le normative europee ed italiane sulla gestione della fauna selvatica e dell’attività venatoria – puntualizza Jacopo Angelini, presidente regionale del Wwf –. Ci colpisce la posizione di Aguzzi che, essendo assessore all’ambiente, non dovrebbe occuparsi di caccia. L’assessore Carloni, che invece detiene questa delega, sta cercando di rispettare le normative, quindi non capiamo gli attacchi di Aguzzi». Un contesto incandescente, tanto che è stato necessario l’intervento del governatore Francesco Acquaroli: all’appuntamento organizzato martedì sera da Federcaccia a Tre Ponti di Fano, il presidente ha indossato i panni del mediatore, non solo con i cacciatori infuriati per le limitazioni, ma anche con i suoi assessori ai due lati del ring, in quell’occasione entrambi presenti. Lo ha riconosciuto anche il presidente regionale di Federcaccia, Paolo Antognoni, che al Corriere Adriatico ha dichiarato: «Partecipando all’incontro il presidente Acquaroli ha voluto dare un segnale forte non solo al mondo dei cacciatori, ma anche a quello degli agricoltori». Sarà finita qui?

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