L'appello di Francesca, manager di 48 anni: «Combatto contro una patologia rara, servono fondi per l’analisi genetica»

Francesca Clementi, manager di 48 anni, malata di colangiocarcinoma
Francesca Clementi, manager di 48 anni, malata di colangiocarcinoma
di Marco Pagliariccio
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Mercoledì 4 Gennaio 2023, 05:15 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 16:50

RECANATI - Un lungo cammino inizia sempre con un passo. E il primo davvero significativo nella sua battaglia Francesca Clementi l’ha visto compiersi poco prima di Natale, con l’approvazione dell’emendamento alla legge di bilancio che mette sul piatto 600mila euro (200 all’anno per tre anni) per finanziare i test molecolari ai pazienti colpiti da colangiocarcinoma, un raro tumore delle vie biliari che presenta un elevato tasso di mortalità (la sopravvivenza a cinque anni non va oltre il 15-17% dei casi).

Francesca, manager recanatese di 48 anni, si è vista diagnosticare la malattia nel 2019, ma non si è data mai per vinta e si è fatta promotrice di questa battaglia: l’analisi genetica, infatti, permette di calibrare su ogni singolo individuo il farmaco bersaglio adatto ad allungare la vita del paziente. 


«Sono fondi largamente insufficienti, visto che in Italia ci sono circa 26mila malati oncologici che avrebbero bisogno di quel test, che io ho pagato 2.500 euro – spiega la donna recanatese – ma è un passettino nella giusta direzione».

Il secondo ordine di problemi riguarda i farmaci bersaglio, che hanno costi esorbitanti e in larghissima parte non sono riconosciuti dall’Agenzia internazionale del farmaco. Con la conseguenza che andrebbero acquistati direttamente negli Stati Uniti, dove sono invece spesso accettati, al prezzo di 45-50 mila euro a scatola. Per questo Francesca, col sostegno dell’Apic (Associazione pazienti italiani colangiocarcinoma), aveva lanciato una raccolta firme sulla piattaforma Change.org per spingere verso il riconoscimento di questi farmaci da parte dell’Aifa.

Una raccolta firme che è arrivata a quasi 140mila sottoscrizioni. «In Italia ci sono pochissimi centri di eccellenza, per cui il rischio di non arrivare in tempo è altissimo – racconta la manager recanatese –. Io ero abituata a girare il mondo grazie al mio lavoro di direttore commerciale di un’azienda di abbigliamento: Giappone, Stati Uniti, Dubai. Da un giorno all’altro la mia vita è completamente cambiata. E capisco che io quantomeno ho avuto la possibilità di spendere centinaia di migliaia di euro, ma all’interno dell’Apic abbiamo visto casi di persone che non possono nemmeno diagnosticare con esattezza quello che hanno. Il 25% dei malati di colangiocarcinoma ha una mutazione genetica, io stessa ce l’ho perché ce l’aveva a sua volta mio padre. L’utilità del test genetico è data dal fatto che in caso di predisposizione genetica si possono usare farmaci mirati anziché fare la chemio, che da una parte cura e dall’altra distrugge». 


Nonostante la malattia morda forte, Francesca vuole ancora guardare avanti. «Molti dicono di pensare giorno dopo giorno in questa condizione, ma noi umani siamo fatti per progettare, guardare oltre. Io continuo a lavorare e presto tornerà a Montecitorio: continuo a vivere, in maniera differente». 

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