L'omicidio di Pamela, mamma Alessandra: «Mi aspetto venga confermato l'ergastolo». E pubblica le foto choc del corpo della figlia

L'omicidio di Pamela, mamma Alessandra: «Mi aspetto venga confermato l'ergastolo». E pubblica le foto choc del corpo della figlia
L'omicidio di Pamela, mamma Alessandra: «Mi aspetto venga confermato l'ergastolo». E pubblica le foto choc del corpo della figlia
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Mercoledì 17 Gennaio 2024, 17:25 - Ultimo aggiornamento: 18:16

MACERATA - «Mi aspetto che il 23 gennaio venga confermato l'ergastolo, ma poi la battaglia va avanti». Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne romana allontanatasi Pars di Corridonia  e i resti della quale furono ritrovati in due trolley nel gennaio di sei anni fa, aspetta l'udienza di martedì davanti alla Corte di Cassazione dalla quale dipenderà la conferma o meno dell'ergastolo per Innocent Oseghale, già condannato in via definitiva per aver ucciso e fatto a pezzi la ragazza. La Suprema Corte si pronuncerà sulla sola aggravante della violenza sessuale, sulla quale si è svolto un appello bis a Perugia.

L'attesa «è pesante», sottolinea  la mamma di Pamela, che sul profilo Facebook mostra le foto del corpo smembrato e torturato della figlia: «Fosse per me gli darei l'ergastolo a vita per tutto: per l'omicidio, per la violenza sessuale, per il vilipendio, per il depezzamento, per la distruzione, per la crudeltà - continua - Ma si sa, in Italia l'ergastolo in Italia non è a vita e, dopo dieci anni, ottieni permessi premi, poi la semilibertà.....non c'è rispetto per la vita delle vittime». quanto alla versione di Oseghale, che negli ultimi anni ha chiesto scusa sostendendo però di non aver ucciso né violentato Pamela, Alessandra Verni rispedisce le sue parole al mittente: «Io spero sempre in un pentimento di Oseghale, che lui faccia i nomi e dica tutta la verità su quello che è successo quel giorno».

Già perché anche se a livello giudiziario non è stato provato, la famiglia di Pamela è convinta che il nigeriano condannato non ha fatto tutto da solo, che ha avuto dei complici e che la verità su quel 30 gennaio 2018 è ancora lontana: «Ci sono due dna che non si sa di chi siano, intercettazioni nelle quali alcuni personaggi dicono che quel giorno erano nella casa, ci sono troppe cose che non tornano, ci sono tanti aspetti che meritano una risposta.

E qualcuno queste risposte me le deve dare. Io le pretendo», sottolinea Alessandra Verni. «Per me non finisce tutto il 23 gennaio. La mia battaglia va avanti fino alla riapertura delle indagini - sottolinea Alessandra Verni - perché ci sono altri mostri fuori che possono fare ciò che hanno fatto a Pamela ad altre ragazze e non solo a donne, ma anche a uomini perché su un cellulare sono state trovate foto di uomini nigeriani torturati».

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