Tenta il suicidio a Macerata, la salvano i carabinieri Celli e Di Felice: «Abbiamo cercato di avere la sua fiducia»

Tenta il suicidio, la salvano i carabinieri, Celli e Di Felice: «Abbiamo cercato di avere la sua fiducia»
Tenta il suicidio, la salvano i carabinieri, Celli e Di Felice: «Abbiamo cercato di avere la sua fiducia»
di Giulia Sancricca
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Venerdì 14 Aprile 2023, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 15:25

MACERATA Sono abituati ad agire nelle emergenze. A prendere una decisione nel giro di pochi secondi. E quei secondi, spesso, racchiudono la sorte di una persona. La gente comune potrebbe pensare che sia solo la divisa a fare la differenza, quasi come fosse uno schermo contro le emozioni e le paure. Poi due carabinieri salvano una 18enne pronta a togliersi la vita. E allora ecco che tutto si fa più chiaro: sono le persone che la indossano a dare valore alla divisa.

Quella che raccontano il vicebrigadiere Federico Celli e il carabiniere scelto Cristiano Di Felice, del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Macerata, è una storia a metà tra la debolezza e il coraggio. Il dolore e la commozione. La voglia di morire e quella di continuare a vivere. Perché sono stati loro, sabato scorso, a salvare una giovane 18enne che voleva buttarsi dal terrazzo dell’abitazione in cui vive con la mamma, lungo le mura di Macerata. Quando è scattato l’allarme i militari stavano svolgendo il servizio serale e si sono precipitati sul posto. «Quando siamo arrivati - racconta Celli - la mamma era nel panico e, oltre a noi, c’erano i vigili del fuoco e i sanitari del 118. La mamma ci ha detto dove poter passare per raggiungere la ragazza passando dall’interno dell’abitazione, ma la giovane era già fuori dal terrazzo, con i piedi scalzi che poggiavano su due centimetri di cornicione».

La professionalità

È in quel momento che la professionalità dei militari e la sensibilità dei due uomini - uno 47 e l’altro 32 anni - sono state le fondamenta su cui è iniziato il dialogo con la giovane. «Nessuno ci insegna come comportarci in questi casi - ammette Celli - non c’è un manuale da seguire. C’era una ragazza che chiedeva aiuto e continuava a ripetere “Ora mi butto” e quello che abbiamo fatto non è stato frutto dell’essere carabinieri, ma in primis di essere persone». C’è voluto un po’ di tempo per iniziare a dialogare: la ragazza inizialmente era ostile nei confronti dei militari. «Le ho chiesto se potevo fumare una sigaretta - racconta Di Felice (il più giovane dei due, ndr) - poi l’ho offerta anche a lei, ma le ho detto che non gliel’avrei fatta fumare sul cornicione». 

Si è confidata
 

Allora la giovane ha iniziato a confidarsi con i due carabinieri. «A quel punto abbiamo messo sul piatto anche un po’ delle nostre vite private - prosegue Celli -. Era importante che la ragazza avesse fiducia in noi. Sembrava che si fosse calmata quando d’un tratto ha detto un’altra volta “Basta, ora mi butto”. Allora l’abbiamo afferrata per le braccia, abbiamo continuato a parlarle fino a che non siamo riusciti a riportarla in casa». La fiducia che i due cercavano di infonderle è stata così grande che, anche quando la 18enne è stata affidata alle cure dei sanitari, la giovane ha voluto essere accompagnata dai due carabinieri. Ed è stato dopo quei momenti concitati e nei giorni successivi che Celli e Di Felice hanno realizzato davvero quanto era accaduto. «Sembriamo persone rigide e inflessibili ma non è così - ci tiene a ribadire Celli -. Ai genitori vorrei consigliare di non dire ai figli “Fai il bravo altrimenti arrivano i carabinieri”. Bisogna avere fiducia di chi veste la divisa, perché da parte nostra un aiuto ci sarà sempre. Per tutti». «Non si è mai pronti a certe situazioni - ammette Di Felice -, ti toccano sempre. Quando ti trovi in una situazione come questa cerchi di trovare le parole giuste, ma non sai quale reazione possono provocare nell’altra persona». 

Evidentemente i due hanno scelto quelle giuste per far capire alla ragazza che la felicità era solo nelle sue mani.

Sono riusciti a lasciare un segno così profondo che proprio in questi giorni la giovane ha chiamato in caserma e ha chiesto di Di Felice. «Mi ha chiesto di andarla a trovare e sicuramente ci andrò. Ora non c’è solo la consapevolezza di aver salvato una vita, ma anche la soddisfazione che se quella ragazza ci ha cercato è perché evidentemente abbiamo fatto bene il nostro lavoro».

L'orgoglio del comandante

Un grande orgoglio per il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Nicola Candido, che ha elogiato il lavoro dei due militari Federico Celli e Cristiano Di Felice. «Ho particolarmente apprezzato il gesto di sensibilità da parte dei due militari - dice - riusciti a evitare che accadesse il peggio. Tutta la scala gerarchica dell’Arma li ha elogiati. Hanno ricevuto gli apprezzamenti del comandante generale dei carabinieri, il generale Teo Luzi, del comandante della Legione Marche, il generale Salvatore Cagnazzo, e dal generale di Corpo d’armata Enzo Bernardini, comandante interregionale dei carabinieri Podgora. Sono stati davvero in gamba - rimarca il colonnello Candido -, è andata bene. Mi fa piacere anche che si sia creato un legame con la giovane, tanto che si sono risentiti con lei. È nata una bella empatia e questo rappresenta una bella pagina di vita professionale per noi carabinieri. Sapere di essere d’aiuto in un momento di necessità per qualcuno è davvero importante».

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