Strage nel supermercato a Buffalo, Traini tra gli idoli del killer. Nel manifesto del 18enne un riferimento all’autore del raid di Macerata

Luca Traini
Luca Traini
di Giulia Sancricca
4 Minuti di Lettura
Lunedì 16 Maggio 2022, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 08:46

MACERATA - Un manifesto di oltre cento pagine in cui Payton Gerdon spiega i motivi che lo hanno portato ad armarsi di una pistola ed uccidere dieci persone di colore in un supermercato di Buffalo, a New York. Un manifesto in cui compare anche il nome di Luca Traini. Ancora una volta, il giovane tolentinate, a sua insaputa, viene citato per quanto fece la mattina del 3 febbraio 2018 a Macerata.

A bordo della sua auto, armato di una Glock, sparò contro le persone di colore che incontrava per le vie della città, ferendone sei. Ora è il suprematista bianco di 18 anni, Payton Gerdon appunto, a citarlo nel documento pubblicato sul web in cui dice di abbracciare la teoria del “Great Replacement” ovvero della “Grande Sostituzione”. 

Si tratta di una tesi che fa parte del gruppo delle cospirazioni adottate dagli estremisti di destra. La teoria sostiene che la popolazione bianca mondiale verrà “sostituita” e poi eliminata dai “non bianchi”.  È per questo che il 18enne, sabato pomeriggio, avrebbe deciso di arrivare al supermercato pesantemente armato, con un elmetto in testa e una videocamera per trasmettere in diretta la strage sul web (poi rimossa dal portale). Dieci morti e tre feriti: undici dei suoi bersagli erano di colore. Una azione che, proprio nel manifesto pubblicato sul web, il giovane dice di aver intrapreso su imitazione di alcuni modelli come lo stragista della Nuova Zelanda, Breton Tarrant, che a marzo del 2019 aveva assaltato due moschee uccidendo circa cinquanta persone. Un altro estremista convinto che la razza bianca fosse in pericolo. Ma non si ferma in Nuova Zelanda: il pensiero di Payton Gerdon arriva fino a Macerata, tanto da scrivere di essersi ispirato pure al raid razzista di Luca Traini. 

Così il giovane tolentinate, oggi nel carcere di Montacuto, dove sta scontando dodici anni di reclusione per il reato di strage, aggravata dall’odio razziale, viene tirato in ballo suo malgrado in una storia che ha sconvolto il mondo intero. Ma se a muovere la mano del suprematista americano è stata la paura per l’estinzione della razza bianca, la scintilla che fece scattare il raid di Traini fu ricondotta all’omicidio di Pamela Mastropietro. La giovane romana uccisa e fatta a pezzi nelle settimane precedenti l’attentato del tolentinate. Le indagini del delitto, infatti, avevano portato gli inquirenti a seguire la pista dello spaccio, collegata al nigeriano Innocent Oseghale. Notizie che avrebbero spinto il giovane di «ideologie nazifasciste» come scritto nella sentenza dei giudici della Sesta sezione penale che confermarono la condanna di secondo grado, ad armarsi e partire per un viaggio di terrore a bordo della sua Alfa 147. Ma non è la prima volta che Luca Traini viene chiamato in causa in stragi simili a quella di New York. Già nel 2019 il suo nome è stato accostato a quella di Christchurch, perché anche lo stagista Tarrant aveva scritto il suo nome su uno dei caricatori dei mitragliatori che aveva con sé.

Luca Traini (soprannominato “Il lupo”) si dissociò subito dal fatto, tramite il suo legale Giancarlo Giulianelli. L’avvocato aveva infatti ribadito come da tempo il suo assistito avesse maturato il pentimento per il gesto commesso a Macerata. «Non rinuncerò mai alla mia voglia di futuro - aveva scritto Traini in una lettera lo scorso dicembre -, alla voglia di crescere come un buon uomo e un buon cittadino, di costruirmi un destino, lavorare sodo, trovare una brava ragazza e mettere su famiglia, insomma vivere in pace. Se il sistema mi darà i mezzi e la fiducia per uscire da qui, io farò il massimo per essere un uomo migliore di come sono stato fino ad ora».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA